Digitale & Lifestyle Mamme: il peso influenza la durata dell’allattamento

Tante donne in sovrappeso smettono di allattare entro la prima settimana dalla nascita del bambino.

Le neo mamme che soffrono di una condizione di sovrappeso hanno il 18% delle probabilità di smettere di allattare dopo pochi giorni rispetto alle donne dal peso regolare (26%). Per quelle obese, la percentuale cala sotto il 18%.

Secondo le linee guide offerte dalla sanità britannica National Health Service (NHS), i bambini devono essere nutriti esclusivamente con il latte materno per i primi sei mesi di vita: questo è particolarmente importante poiché il latte delle loro mamme contiene dei naturali anticorpi che rafforzano il loro sistema immunitario e contribuiscono a prevenire infezioni e virus.

Tuttavia, una nuova ricerca condotta alla London School of Economics (LSE), ha messo in luce che oltre un quarto delle mamme che possiedono un indice di massa corporea superiore a 25 (sopra i 30 si parla di obesità) smettono di allattare entro la prima settimana dal parto.

«L’immagine che ogni donna ha del proprio corpo gioca un ruolo fondamentale nell’allattamento», spiega la dottoressa Tammy Campbell, della LSE.

I ricercatori di Londra, in collaborazione con un team della University of Auckland, in Nuova Zelanda, hanno analizzato 17mila casi di neomamme nel Regno Unito, partecipanti dell’ampio studio chiamato Millennium Cohort Study.

Oltre alle percentuali già viste, i team hanno rilevato il 38% di probabilità, per le mamme dal peso regolare, di continuare ad allattare oltre al quarto mese di vita del bambino.

«Noi crediamo che una porzione sostanziosa di donne in sovrappeso nutrano il desiderio di allattare, ma trovano più difficoltà nel farlo», ha aggiunto la dottoressa Campbell. «Dobbiamo stabilire delle priorità, dobbiamo offrire più sostegno alle madri in sovrappeso, che rischiano di abbandonare l’allattamento prima delle altre».

Solo il 34% delle mamme nel Regno Unito continuano ad allattare fino al sesto mese di vita del bimbo, come riportano i risultati ottenuti dall’Unicef pubblicati lo scorso maggio.

La ricerca è stata pubblicata per intero nella rivista scientifica Journal of Epidemiology and Community Health.

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