Alimentazione Uova, il consumo regolare riduce il rischio di cecità nell’età avanzata

CoverMedia

15.5.2019 - 16:10

Soft boiled egg with runny yolk and buttered toast soldier

When: 04 Aug 2008
Soft boiled egg with runny yolk and buttered toast soldier When: 04 Aug 2008
Source: Covermedia

Una nuova ricerca condotta in Australia mette in luce alcuni «nuovi» benefici di questi prodotti di origine animali.

Strapazzate, fritte, alla coque. Le uova sono da sempre uno dei piatti preferiti dalla popolazione mondiale. Sono facili da preparare e rappresentano una buona fonte di proteine di origine animale, ma la loro azione è anche ritenuta preventiva contro gli infarti, le malattie del cuore, gli ictus e l’osteoporosi, grazie al suo alto contenuto di vitamine, minerali e altri nutrienti importanti per la salute del nostro organismo.

Secondo un team di ricercatori australiani, le uova aiutano anche a tenere alla larga problemi di vista come l’AMD – la degenerazione maculare legata all'età – cioe la più comune causa di cecità in età adulta che, senza trattamento, è immancabilmente destinata a peggiorare.

Il team ha analizzato i dati relativi a 3.654 partecipanti tra i 50 e i 60 anni, non affetti da totale cecità, ma alcuni con gravi problemi di vista che influenzavano negativamente il normale svolgimento di azioni quotidiane, come la lettura e il riconoscimento dei volti.

«I nostri risultati indicano che il consumo moderato di uova può significativamente ridurre il rischio di sviluppare disturbi come l’AMD nella vita adulta per un arco di tempo di 15 anni», scrivono gli autori della ricerca.

Durante i test degli scienziati, un gruppo di partecipanti ha consumato un uovo (o meno) alla settimana, mentre i rimanenti potevano indulgere in due, tre o quattro uova. Questi ultimi avevano il 62% di probabilità in meno di incappare nella malattia rispetto ai primi, per un arco di tempo di 15 anni. Le persone che già si trovavano nelle fasi iniziali del disturbo, invece, hanno riportato una riduzione del rischio del 54%.

La ricerca è stata pubblicata nella rivista scientifica Clinical Nutrition.

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