Digitale&Lifestyle Vaccino antinfluenzale: la paura è psicologica

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2.11.2017 - 12:00

Portrait of young woman holding cup of tea and coughing

When: 01 Dec 2008

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**Only for use by WENN CPS**
Portrait of young woman holding cup of tea and coughing When: 01 Dec 2008 When: 01 Dec 2008 **Only for use by WENN CPS**
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(Cover) - IT Fitness & Wellbeing - Negli Stati Uniti sono solo 10 gli Stati in cui l’immunizzazione attiva, cioè quella compiuta attraverso i vaccini, arriva al 55%, mentre in 38 Stati solo un terzo della popolazione si sottopone ogni anno al vaccino antinfluenzale. Secondo una ricerca condotta dalla Mayo Clinic, sono tantissimi gli individui che evitano la puntura per timore dell’ago, o per il pensiero che si tratti solo di una «banale influenza», ma la maggior parte delle persone che si astengono lo fanno per la paura psicologica di incappare nella malattia proprio a causa del vaccino.

«Non vi è alcun virus “vivo” nel vaccino dell’influenza, dunque è impossibile prenderla in questo modo», ha assicurato il dottor Pritish Tosh in un’intervista pubblicata sul Mail Online. «In passato esisteva un vaccino del genere, ma non è più disponibile. E ad ogni modo, non era possibile prendere l’influenza nemmeno da quello».

Lo specialista tiene inoltre a precisare che avvertire un dolore al braccio dopo aver ricevuto l’iniezione è del tutto normale e indica che il vaccino sta entrando in azione.

I sintomi della condizione includono febbre, mal di testa, dolori muscolari e tosse, tanti dei quali si sviluppano alcuni giorni prima dell’apice della malattia e si dissipano completamente nel giro di una settimana.

Il periodo più pericoloso va da dicembre a marzo, mentre durante il resto dell’anno sintomi simili possono essere associati ad una più comune influenza.

«Il rischio di contrarre l’influenza quando si riceve il vaccino è alto come quello che corriamo se decidiamo di non farlo», ha precisato dottor Tosh. «Il punto è che le persone ricordano il vaccino e se prendono l’influenza due giorni dopo, fanno questo tipo di associazione. Non si può sottovalutare il fattore psicologico che entra in gioco in questi casi: è difficile separare le due cose, siamo naturalmente portati a fare questo genere di associazioni».

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