Maurizio Canetta, direttore della RSI, è schierato apertamente per il no alla prospettiva di abolire il canone concesso annualmente alla Società Svizzera di Radiotelevisione (SSR). Il dirigente, nel corso di una trasmissione di TeleTicino, ha affermato che il referendum previsto nel prossimo mese di marzo ha un titolo accattivante, perché «si dice di voler abolire una tassa». Ma in realtà rappresenta «un’iniziativa insidiosa» e «uno specchietto per le allodole».
Canetta ha anche messo in guardia gli elettori, parlando di «salto nel buio» e invitandoli a «leggere con molta attenzione» il quesito che sarà loro sottoposto.
I contrari all’abolizione del canone ricordano che essa rappresenterebbe un colpo durissimo per la SSR. Fonti sindacali hanno parlato alla stampa estera evocando la possibilità di chiusura dell’emittente e affermando che migliaia di persone che si ritroverebbero di colpo senza un posti di lavoro.
Il Partito socialista svizzero ha chiesto agli elettori di bocciare la proposta di abolizione del canone, al fine di salvaguardare un’informazione plurale e indipendente.
I sostenitori dell’abolizione sottolineano invece come il canone chiesto in Svizzera risulti particolarmente alto, se paragonato alle altre nazioni europee: 451 franchi all’anno.
A partire dal 2019, il Consiglio federale ha deciso un calo che porterà il totale richiesto a 365 franchi annui. Ciò non ha tolto argomenti ai promotori del sì all’abolizione, secondo i quali si tratta di vera e propria tassa, dal momento che il pagamento è obbligatorio per tutti.
Secondo quanto dichiarato da Matthias Müller, vice presidente dei Giovani liberali-radicali svizzeri, la SSR non avrà grandi problemi a sopravvivere senza il canone, dal momento che «continuerà a lavorare in quanto dotata di un bilancio da grande gruppo, pari a centinaia di milioni di franchi. Nei confronti del pubblico e del mercato pubblicitario, l’emittente è in una situazione di vantaggio».
Infine, secondo chi spera in un voto favorevole all’abolizione, cancellare il canone significherebbe poter liberare il mercato dei media, creare più concorrenza e dunque rendere più dinamico il settore.
Maurizio Canetta, direttore della RSI, è schierato apertamente per il no alla prospettiva di abolire il canone concesso annualmente alla Società Svizzera di Radiotelevisione (SSR). Il dirigente, nel corso di una trasmissione di TeleTicino, ha affermato che il referendum previsto nel prossimo mese di marzo ha un titolo accattivante, perché «si dice di voler abolire una tassa». Ma in realtà rappresenta «un’iniziativa insidiosa» e «uno specchietto per le allodole».
Canetta ha anche messo in guardia gli elettori, parlando di «salto nel buio» e invitandoli a «leggere con molta attenzione» il quesito che sarà loro sottoposto.
I contrari all’abolizione del canone ricordano che essa rappresenterebbe un colpo durissimo per la SSR. Fonti sindacali hanno parlato alla stampa estera evocando la possibilità di chiusura dell’emittente e affermando che migliaia di persone che si ritroverebbero di colpo senza un posti di lavoro.
Il Partito socialista svizzero ha chiesto agli elettori di bocciare la proposta di abolizione del canone, al fine di salvaguardare un’informazione plurale e indipendente.
I sostenitori dell’abolizione sottolineano invece come il canone chiesto in Svizzera risulti particolarmente alto, se paragonato alle altre nazioni europee: 451 franchi all’anno.
A partire dal 2019, il Consiglio federale ha deciso un calo che porterà il totale richiesto a 365 franchi annui. Ciò non ha tolto argomenti ai promotori del sì all’abolizione, secondo i quali si tratta di vera e propria tassa, dal momento che il pagamento è obbligatorio per tutti.
Secondo quanto dichiarato da Matthias Müller, vice presidente dei Giovani liberali-radicali svizzeri, la SSR non avrà grandi problemi a sopravvivere senza il canone, dal momento che «continuerà a lavorare in quanto dotata di un bilancio da grande gruppo, pari a centinaia di milioni di franchi. Nei confronti del pubblico e del mercato pubblicitario, l’emittente è in una situazione di vantaggio».
Infine, secondo chi spera in un voto favorevole all’abolizione, cancellare il canone significherebbe poter liberare il mercato dei media, creare più concorrenza e dunque rendere più dinamico il settore.
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