Nella città una volta chiamata Stalingrado si continuano a scoprire cadaveri di soldati morti in battaglia, le cui spoglie sono trasferite in cimiteri militari veri e propri, come quello di Rossoschka, situato a circa 40 chilometri dalla metropoli russa.
Soldati dell’esercito tedesco dopo la capitolazione, il 2 febbraio 1943. La battaglia di Stalingrado, città ribattezzata Volgograd nel 1962, rappresentò per la Germania la prima pesante sconfitta militare contro l’Unione Sovietica e un punto di non ritorno per le sorti dell’intero fronte orientale.
Dopo essere stati catturati a Stalingrado nel corso di un combattimento urbano, due soldati tedeschi passano davanti ad un militare sovietico con le mani in alto (immagine d’archivio del 25 febbraio 1943).
Dopo la resa, dei soldati tedeschi catturati dai sovietici sfilarono nella città. Alla fine del mese di novembre del 1942, la 6° armata della Germania nazista - che con circa 280.000 uomini comandati dal generale Friedrich Paulus, era riuscita a raggiungere la città di Stalingrado, nel Sud della Russia, alla fine di agosto – si è ritrovata accerchiata dall’esercito di Mosca. Malgrado il divieto di resa imposto da Adolf Hitler, Paulus aveva alzato bandiera bianca, soprattutto in ragione della situazione disastrosa degli approvvigionamenti.
Al termine della battaglia, dei soldati tedeschi fatti prigionieri dai sovietici attraversano le rovine della città in un freddo glaciale (immagine d’archivio del 31 gennaio 1943).
Si stima che nel corso dell’inverno 1942/43 circa 700.000 soldati e civili delle due parti in conflitto abbiano perso la vita nella battaglia di Stalingrado.
Numerosi storici parlano addirittura di più di un milione di morti. Dopo la guerra, numerosi corpi sono stati gettati in fosse comuni dalla popolazione.
Una stazione di periferia dopo l’attacco di un bombardiere durante la battaglia di Stalingrado. Ancora oggi, non è raro che degli operari al lavoro si imbattano in resti umani nella città un tempo assediata, come riferito da Peter Lindau, del «Volksbund Deutsche Kriegsgräberfürsorge» (Servizio per la cura delle sepolture militari tedesche) a Mosca.
I visitatori del museo della battaglia di Stalingrado, situato nell’attuale città di Volgograd, possono farsi un’idea dei combattimenti dell’epoca.
Il mulino di Grudinin, distrutto durante la battaglia, rappresenta oggi un memoriale.
La fabbrica di costruzione di trattori di Stalingrado, interamente distrutta.
Un attacco ad un’unità russa.
Dei carri tedeschi confiscati dai sovietici a Stalingrado.
Il maresciallo sovietico Georgij Konstantinovic Zukov in un ritratto dell’epoca (non datato). Il militare ha bloccato l’avanzata tedesca verso Mosca nel 1941, coordinato le truppe sovietiche nella battaglia di Stalingrado e liberato Berlino con l’Armata Rossa nel 1945.
Il 2 febbraio 1943, la resa di ciò che rimaneva della 6° armata tedesca tra le rovine di Stalingrado segna la fine della lotta per la città russa. Al termine di una battaglia urbana particolarmente violenta, l’Armata Rossa, quella tedesca e i loro alleati avevano lasciato sul campo centinaia di migliaia di morti. Sui circa 91.000 soldati tedeschi fatti prigionieri dai sovietici, solo 6.000 sono tornati a casa.
Circa 61.000 militari della Germania nazista caduti in battaglia riposano nella regione di Volgograd, come qui, nel cimitero militare di Rossoschka.
Lo scorso anno, più di mille cadaveri di soldati sono stati scoperti sul posto. Quest’anno, un’altra fossa comune dovrebbe essere aperta, secondo quando dichiarato da Peter Lindau. «Pensiamo che nel corso del tempo potremo recuperare dal 30 al 40 per cento dei cadaveri», ha affermato. I documenti dell’esercito tedesco sulle tombe dei soldati caduti sono spesso incompleti e rendono difficili le ricerche, ma le scoperte fortuite sono al contrario numerose. Così come le indicazioni fornite dagli anziani abitanti della regione.
Le fosse comuni di Stalingrado
Nella città una volta chiamata Stalingrado si continuano a scoprire cadaveri di soldati morti in battaglia, le cui spoglie sono trasferite in cimiteri militari veri e propri, come quello di Rossoschka, situato a circa 40 chilometri dalla metropoli russa.
Soldati dell’esercito tedesco dopo la capitolazione, il 2 febbraio 1943. La battaglia di Stalingrado, città ribattezzata Volgograd nel 1962, rappresentò per la Germania la prima pesante sconfitta militare contro l’Unione Sovietica e un punto di non ritorno per le sorti dell’intero fronte orientale.
Dopo essere stati catturati a Stalingrado nel corso di un combattimento urbano, due soldati tedeschi passano davanti ad un militare sovietico con le mani in alto (immagine d’archivio del 25 febbraio 1943).
Dopo la resa, dei soldati tedeschi catturati dai sovietici sfilarono nella città. Alla fine del mese di novembre del 1942, la 6° armata della Germania nazista - che con circa 280.000 uomini comandati dal generale Friedrich Paulus, era riuscita a raggiungere la città di Stalingrado, nel Sud della Russia, alla fine di agosto – si è ritrovata accerchiata dall’esercito di Mosca. Malgrado il divieto di resa imposto da Adolf Hitler, Paulus aveva alzato bandiera bianca, soprattutto in ragione della situazione disastrosa degli approvvigionamenti.
Al termine della battaglia, dei soldati tedeschi fatti prigionieri dai sovietici attraversano le rovine della città in un freddo glaciale (immagine d’archivio del 31 gennaio 1943).
Si stima che nel corso dell’inverno 1942/43 circa 700.000 soldati e civili delle due parti in conflitto abbiano perso la vita nella battaglia di Stalingrado.
Numerosi storici parlano addirittura di più di un milione di morti. Dopo la guerra, numerosi corpi sono stati gettati in fosse comuni dalla popolazione.
Una stazione di periferia dopo l’attacco di un bombardiere durante la battaglia di Stalingrado. Ancora oggi, non è raro che degli operari al lavoro si imbattano in resti umani nella città un tempo assediata, come riferito da Peter Lindau, del «Volksbund Deutsche Kriegsgräberfürsorge» (Servizio per la cura delle sepolture militari tedesche) a Mosca.
I visitatori del museo della battaglia di Stalingrado, situato nell’attuale città di Volgograd, possono farsi un’idea dei combattimenti dell’epoca.
Il mulino di Grudinin, distrutto durante la battaglia, rappresenta oggi un memoriale.
La fabbrica di costruzione di trattori di Stalingrado, interamente distrutta.
Un attacco ad un’unità russa.
Dei carri tedeschi confiscati dai sovietici a Stalingrado.
Il maresciallo sovietico Georgij Konstantinovic Zukov in un ritratto dell’epoca (non datato). Il militare ha bloccato l’avanzata tedesca verso Mosca nel 1941, coordinato le truppe sovietiche nella battaglia di Stalingrado e liberato Berlino con l’Armata Rossa nel 1945.
Il 2 febbraio 1943, la resa di ciò che rimaneva della 6° armata tedesca tra le rovine di Stalingrado segna la fine della lotta per la città russa. Al termine di una battaglia urbana particolarmente violenta, l’Armata Rossa, quella tedesca e i loro alleati avevano lasciato sul campo centinaia di migliaia di morti. Sui circa 91.000 soldati tedeschi fatti prigionieri dai sovietici, solo 6.000 sono tornati a casa.
Circa 61.000 militari della Germania nazista caduti in battaglia riposano nella regione di Volgograd, come qui, nel cimitero militare di Rossoschka.
Lo scorso anno, più di mille cadaveri di soldati sono stati scoperti sul posto. Quest’anno, un’altra fossa comune dovrebbe essere aperta, secondo quando dichiarato da Peter Lindau. «Pensiamo che nel corso del tempo potremo recuperare dal 30 al 40 per cento dei cadaveri», ha affermato. I documenti dell’esercito tedesco sulle tombe dei soldati caduti sono spesso incompleti e rendono difficili le ricerche, ma le scoperte fortuite sono al contrario numerose. Così come le indicazioni fornite dagli anziani abitanti della regione.
Durante la Seconda Guerra mondiale, la battaglia di Stalingrado ha rappresentato un punto di rottura per l’esercito tedesco. Più di 700.000 persone sono morte nella città occupata. E ancora oggi, soprattutto nel corso dei lavori realizzati nell’attuale città di Volgograd, si continuano a scoprire i resti dei soldati caduti in combattimento.
Esiste un luogo, nel Sud della Russia, nel quale si continuano a scoprire fosse comuni di soldati morti in battaglia durante la Seconda Guerra mondiale. Si tratta di quella che all’epoca era chiamata Stalingrado, città teatro di un epocale assedio, oggi chiamata Volgograd. Qui, gli operai che effettuano dei lavori trovano regolarmente dei resti umani, come riferito da Peter Lindau, del «Volksbund Deutsche Kriegsgräberfürsorge» (Servizio per la cura delle sepolture militari tedesche) a Mosca.
Lo scorso anno, circa 500 cadaveri sono stati riesumati da una fossa comune della metropoli russa, situata sulle rive del fiume Volga. «Sulla base dei resti delle uniformi e degli stivali, possiamo determinare se si tratti o meno di soldati tedeschi», ha osservato Lindau.
Si stima che durante l’inverno 1942/43, circa 700.000 persone - tra soldati e civili, appartenenti alle due parti in conflitto - abbiano perso la vita nella battaglia di Stalingrado. Numerosi storici parlano addirittura di più di un milione di vittime. Dopo la guerra, numerosi corpi sono stati gettati nelle fosse comuni dalla popolazione.
Più di mille corpi scoperti nel 2017
«Tuttavia, le ricerche possono comportare anni di lavoro», ha spiegato Peter Lindau all’agenzia tedesca DPA (Deutsche Presse-Agentur). Una volta ritrovate, le spoglie dei caduti sono trasferite in cimiteri veri e propri, come quello di Rossoschka, situato a circa 40 chilometri da Volgograd.
Sono circa 61.000 i soldati tedeschi morti in battaglia che riposano nella regione di Volgograd. Lo scorso anno, più di mille corpi sono stati scoperti nell’area. Quest’anno, è possibile che venga aperta un’altra fossa comune: «Pensiamo che nel corso del tempo potremo recuperare dal 30 al 40 per cento dei cadaveri», ha affermato Lindau.
I documenti dell’esercito tedesco sulle tombe dei soldati caduti sono spesso incompleti e rendono difficili le ricerche, ma le scoperte fortuite sono al contrario numerose. Così come le indicazioni fornite dagli anziani abitanti della regione.
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