Diversi Un elefante catturato vive 5 anni in meno rispetto a un animale nato in cattività

AFP

15.8.2018

Un elefante in  un parco zoologico a Kolkata, in India, il 20 giugno 2018
Un elefante in  un parco zoologico a Kolkata, in India, il 20 giugno 2018
AFP/Archives

Gli elefanti che vengono catturati in natura vivono cinque anni in meno rispetto ai loro simili nati in cattività e lo "stress" della loro cattura li affligge per anni, secondo uno studio pubblicato di recente.

Gli autori di questo studio pubblicato in Nature Communications hanno passato in rassegna i dati "eccezionali" provenienti dall'industria forestale in Birmania, dove circa 5.000 pachidermi vivono oggi in cattività. La maggior parte sono utilizzati per trasportare la legna in luoghi difficilmente accessibili ai veicoli.

Questi dati hanno permesso agli studiosi di paragonare la mortalità di 5.150 animali che hanno lavorato nei campi forestali birmani in 50 anni, di cui 2.072 catturati mentre erano liberi nella natura tra il 1951 e il 2000.

Risultato: "L'esperienza di vita media di un maschio nato in cattività è di 30 anni, 45 anni per una femmina, mentre per gli animali catturati, si attesta sui 25 anni per i maschi e 40 anni per le femmine", spiega all'AFP Mirkka Lahdenperä, ricercatrice dell'università finlandese di Turku.

La differenza è simile qualunque sia il tipo di cattura (in gruppo, sedazione, al lazo...), ma non tiene conto della mortalità durante la cattura stessa, stimata in precedenti studi tra il 5 e il 30%.

Nei campi forestali birmani, gli elefanti, indipendentemente dal fatto che siano stati catturati o nati sul posto, vivono in maniera simile, lavorando durante la giornata e vivendo semi-liberi la notte nella foresta. Per questo vengono esclusi fattori come il cibo o l'ambiente come spiegazione della differenza nella speranza di vita.

I ricercatori avanzano così l'ipotesi dell'addestramento "più duro" subito dai pachidermi strappati alla natura rispetto a quelli nati in cattività.

"Gli elefanti sono conosciuti per essere una specie molto intelligente e sociale, che può subire traumi a lungo termine, per esempio quando un piccolo viene separato da sua madre e dal suo gruppo familiare", spiega Mirkka Lahdenperä. "Mentre è più che probabile che la cattura e l'addestramento siano un'esperienza traumatica", prosegue.

La differenza di mortalità è più importante nell'anno seguente la cattura, per via delle ferite spesso subite, ma il fatto che sussista ancora dieci anni più tardi si spiega con uno "stress cronico" suscettibile di affliggere il sistema immunitario e la speranza di vita, aggiunge lo studio.

Questi risultati sono un elemento importante nella strategia di conservazione di una specie in pericolo, la cui popolazione è in diminuzione, hanno fatto sapere i ricercatori.

Gli elefanti utilizzati nell'industria turistica o che vivono negli zoo si riproducono meno bene e vivono meno a lungo rispetto alle popolazioni selvagge, secondo i precedenti studi.

Numerosi animali selvatici vengono dunque regolarmente strappati alla natura per tentare di consolidare le popolazioni in cattività.

Ma i risultati mostrano che catturare gli elefanti è "nefasto perché ciò riduce la popolazione selvatica di una specie in pericolo, senza apportare neppure una soluzione praticabile e durevole per una popolazione in cattività", insiste Virpi Lummaa, altro autore dello studio.

Una soluzione resta ancora da inventare, mentre un terzo degli elefanti asiatici, ovvero circa 15.000 esemplari, vivono in cattività.

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