Il direttore della clinica cardiovascolare dell'Ospedale universitario di Zurigo ha utilizzato protesi cardiache di aziende nelle quali ha interessi finanziari. Il nosocomio ha deciso di rafforzare i controlli, ma il primario può rimanere al suo posto.
La vicenda, rivelata oggi da un articolo pubblicato dalle testate di Tamedia, ha portato all'apertura di un'inchiesta ordinata dai responsabili dell'ospedale. La maggior parte dei rimproveri sono stati confermati. In particolare le informazioni su possibili conflitti di interessi sono state «gestite in modo insufficiente», scrive oggi in una nota l'Unispital.
L'inchiesta esterna è arrivata alla conclusione che il primario non ha garantito la necessaria trasparenza sulle protesi utilizzate, omettendo di informare gli stessi pazienti. Le irregolarità hanno riguardato in particolare le informazioni fornite ai pazienti, la documentazione sugli studi clinici e i rapporti con le autorità.
Non è tuttavia emerso alcun indizio che indichi che il direttore della clinica abbia agito in modo improprio o abbia anteposto i suoi interessi personali al benessere dei pazienti. In tutti i casi erano peraltro disponibili le autorizzazioni rilasciate dall'autorità di controllo Swissmedic.
Nella nota, l'ospedale universitario sottolinea inoltre che per alcuni pazienti l'utilizzo di impianti cardiovascolari di nuova concezione rappresenta un'ultima possibilità di cura nell'ambito del cosiddetto «uso compassionevole» dei nuovi strumenti a disposizione.
Sulla base dei risultati dell'inchiesta, la direzione dell'ospedale ha deciso che il direttore della clinica di cardiochirurgia rimarrà al suo posto. D'ora in poi tutte le cliniche sono tuttavia tenute a fornire su base trimestrale informazioni sui nuovi impianti utilizzati. Il nosocomio ha inoltre deciso di assumere uno specialista che veglierà su aspetti quali la trasparenza, la corretta documentazione e l'informazione completa ai pazienti.
La «prima mondiale» trasformatasi in flop
Il Tages Anzeiger riferisce in particolare di un'operazione eseguita nel giugno del 2016 su una paziente di 74 anni dal professore che dal 2014 dirige la clinica cardiovascolare dell'Unispital. Alla donna fu impiantata una fascia della valvola tricuspide («Cardioband tricuspid») sviluppata dal professore.
Il nastro, stretto con un filo dopo l'ancoraggio, avrebbe dovuto scongiurare le perdite della valvola cardiaca. L'intervento venne presentato, con tanto di comunicato stampa e video dell'operazione, come il primo successo a livello mondiale «di riparazione di una valvola tricuspidale con una nuova tecnologia che utilizza un catetere».
Tutto sembrò in effetti funzionare, ma dopo l'intervento il filo che doveva stringere il nastro si ruppe e dopo due giorni fu accertato che la donna continuava ad avere una grave insufficienza a livello della valvola tricuspide.
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