Cinema Anthony Hopkins: «Non c’è più libertà di parola»

Covermedia

20.12.2023 - 13:00

Anthony Hopkins
Anthony Hopkins

L’attore è il protagonista di «One Life», il film che narra le vicende di Nicholas Winton, uno dei fautori dell'operazione Kindertransport che salvò circa diecimila bambini ebrei prima dell'inizio della seconda guerra mondiale.

A 86 anni, Anthony Hopkins ha le idee chiare sulla vita: merito (anche) di un’esperienza forte, vissuta decenni fa che ha cambiato per sempre il corso della sua esistenza.

«Non sapevo molto e pensavo di sapere tutto», spiega Sir Anthony nell’intervista rilasciata a Repubblica. «Un giorno mi sono avvicinato alla morte e sono cambiato, all’improvviso ho dato valore alla mia vita. E nel corso degli ultimi 50 anni ho cercato di concentrarmi per valorizzare ogni momento della vita».

«Nessuno di noi sa cosa c’è oltre la vita»

Oltre alla recitazione, il vincitore di due premi Oscar, cerca di rispettare gli altri e godersi ogni momento come fosse l’ultimo.

«Le persone mi fanno domande serie sulla recitazione: no, non è importante. È solo un intrattenimento decente, ed è possibile che invii qualche messaggio. Vivere è importante, ridere, rispettare gli animali, i bambini, ogni forma di vita.».

«Nessuno di noi sa cosa c’è oltre la vita, l’ateo come il religioso. Ma preferirei scommettere sull’idea spirituale che forse c’è qualcosa, oltre questa strana illusione che chiamiamo vita. Come Socrate, so di non sapere nulla e mi godo tutto. Se c’è qualcosa dopo questa vita sarà meraviglioso, se non lo è, così sia».

«Viviamo nella cultura del nuovo fascismo»

Nel suo ultimo period drama «One Life» in uscita givedì nei cinema italiani, Anthony interpreta Nicholas Winton, il broker londinese che nel 1938 ha salvato la vita a 669 bambini, quasi tutti ebrei, facendoli fuggire da Praga prima che arrivassero i tedeschi.

«Due anni fa mi hanno offerto il ruolo. La sceneggiatura era bella, così semplice e diretta e il regista, James Hawes, straordinario. Ho detto sì, è stato un grande onore».

Sebbene la trama offra la possibilità di riflettere, per l’attore oggi c’è molta omertà.

«Questo è il problema che abbiamo oggi. Viviamo nella cultura del nuovo fascismo, della cancel culture. Non c’è più libertà di parola: se dici qualcosa, sei cancellato. Le persone vivono nella paura. E questo richiama alla Germania nazista, ricorda l’Unione Sovietica e Stalin, il maccartismo americano. La dittatura del pensiero «giusto» è terribile».