Musica Enrico Ruggeri: «Andavo in giro con un pitone per fare colpo»

Covermedia

2.5.2023 - 16:30

Enrico Ruggeri
Enrico Ruggeri

Il cantautore taglia corto con chi lo vuole definire di destra: «Mi sento al di sopra delle etichette».

2.5.2023 - 16:30

Enrico Ruggeri tira un bilancio del suo passato, strizzando l’occhio al futuro.

32 album, oltre 4 milioni di dischi venduti, più di 2.000 concerti, il cantautore è sempre andato contro corrente, per fuggire dall’omologazione, anche politica. Come andare in giro con un pitone per fare colpo.
«Appartengo a una generazione in cui dovevi essere diverso per rimorchiare, mentre oggi gli adolescenti sono tutti uguali; io ogni cento metri vedo uno che scambio per mio figlio», dice Ruggeri al Corriere della Sera.

«Allora invece il pensiero era diverso: devo fare qualcosa che non fa nessuno. Il pitone lo aveva Alice Cooper, Alex di Arancia Meccanica... E poi funzionava». Un concept ben lontano da quello odierno, dove i giovani si confondono in masse indistinte di caricature tutte uguali.

«Oggi la cultura sembra rientrare nell’alveo della noia»

«Una (differenza sostanziale tra ieri e oggi) è l’omologazione di cui parlavo prima. L’altra è che il denaro oggi è diventato una qualità morale. Io vengo da una generazione che qualche libro l’ha letto. Oggi invece la cultura sembra rientrare nell’alveo della noia, si ride al solo nominarla. Io mi incazzo quando mio figlio mi chiede quanto guadagno. Vengo da un mondo che pensava fosse un atto di maleducazione chiedere quanto uno guadagna».

All’epoca la spinta che condusse Ruggeri al successo fu il senso di rivalsa contro i professori del liceo Berchet di Milano, dove suonava negli Champagne Molotov, che lo definirono alla maturità con una «personalità modesta, linguaggio povero, lentezza di intuizione». 
«Fu il giudizio dei professori alla maturità. Dimostra come spesso la scuola inibisca, non riesca a tirare fuori il meglio di te. Ma non mi sono abbattuto. «Ve la faccio vedere io» fu la mia prima reazione. Il mio motore sono sempre state le stroncature, le critiche negative, anche se mi feriscono enormemente. Per me è sempre così, le cose migliori le ho sempre fatte quando sono sotto tiro».

«Le menti libere tendono a essere refrattarie alle imposizioni»

E a chi lo etichetta come uno di destra lui risponde secco.

«È una semplificazione frutto di un’analisi superficiale. Io vengo da un mondo nel quale c’era una dittatura, al liceo dominavano i comunisti, le Br erano i compagni che sbagliavano, stavo in una scuola dove assemblea e professori applaudirono l’uccisione di Calabresi, Gad Lerner e Pisapia erano i più equilibrati. Le menti libere tendono a essere refrattarie alle imposizioni e io da allora mi sono battuto contro quella dittatura, pur condividendo certe battaglie considerate di sinistra».

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