Dopo Sanremo Ghali-gate e la Lega, Daspo culturale per prevenire l'uso politico dei palcoscenici

Covermedia

15.2.2024 - 11:01

Ghali.
Ghali.

A proporre lo strumento punitivo è stato il senatore della Lega, Alessandro Morelli, riferendosi implicitamente agli appelli di Ghali e Dargen D’Amico.

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In un contesto di accese polemiche, il senatore della Lega e sottosegretario alla Presidenza del Consiglio, Alessandro Morelli, ha sollevato un'onda di critiche nei confronti dell'uso politico del palco di Sanremo.

In una dichiarazione rilasciata a Il Tempo, Morelli ha espresso disgusto per il comportamento di alcuni artisti al Festival della Canzone Italiana.

«Quello è il Festival della canzone italiana ed è vergognoso che venga utilizzato e sfruttato da chi dovrebbe solo cantare e invece fa altro: fa della propaganda politica».

Benché non abbia menzionato direttamente Ghali e il suo appello contro il genocidio o Dargen D'Amico con il suo invito al cessate il fuoco a Gaza, il messaggio del sottosegretario è chiaro e si rivolge a coloro che sfruttano il palco per trasmettere messaggi politici.

Intervento dell'ambasciata israeliana

Le reazioni suscitate dall'intervento dell'ambasciata israeliana contro le dichiarazioni di Ghali e il successivo comunicato dell'amministratore delegato della Rai, Roberto Sergio, a favore di Israele, hanno portato Morelli a proporre un'estensione del Daspo, normalmente riservato agli eventi sportivi, anche agli artisti che partecipano a programmi televisivi della Rai per prevenire l'uso politico dei palcoscenici.

«Gli artisti – ha sottolineato Morelli – dovrebbero salire sul palco, fare la loro bella esibizione e andarsene».

La sua proposta di un Daspo culturale mira a escludere dallo spazio televisivo pubblico quegli artisti che si discostano dalla pura performance musicale per abbracciare l’attivismo politico.

Morelli ha esteso questa proposta ben oltre il contesto di Sanremo, suggerendo che chiunque utilizzi il palcoscenico Rai per fini politici debba essere temporaneamente escluso dai programmi televisivi, introducendo un periodo di «limbo» per gli artisti coinvolti.

Sono però state forti le contestazioni dell’opposizione verso la misura proposta.