Isola di Elisa Fuksas, diario di vita sospesa in lockdown
Racconto via smartphone tra malattia e percorso collettivo
ROMA, 04 SET – Scoprire per caso di avere un nodulo maligno alla tiroide e subito dopo ritrovarsi nella vita sospesa collettiva imposta dal lockdown. Mesi tra pandemia, ansie, tg, mascherine e Roma deserta che Elisa Fuksas condivide tracciandone la cronaca solo con lo smartphone nel diario intimo e collettivo di Isola, al debutto alla Mostra del Cinema di Venezia nella sezione non competitiva di Notti Veneziane alle Giornate degli Autori.
Un film che arriva insieme all'uscita in libreria di Ama e fai quello che vuoi (Marsilio), il romanzo «in technicolor», iniziato a scrivere prima del lockdown e della malattia nel quale la regista racconta i mesi subito precedenti al percorso di vita del film, «che ha una vita propria».
Fuksas in Isola non nasconde paure e incognite, dalle chiacchierate via internet con il suo medico, costretto alla quarantena perché positivo al coronavirus, al rapporto, per forza di cose, soprattutto a distanza, con i genitori e la sorella, da un'altra amica alla quale viene fatta la sua stessa diagnosi alla più volte rimandata entrata in ospedale per operarsi.
Un racconto che, nonostante il duro impatto emotivo, mantiene una leggerezza di tocco, fra verità, fede, delicato humour e il ritratto di una Roma deserta e irripetibile. «Quando ho iniziato a riprendere quello che succedeva a me e intorno a me, non pensavo di farne un film – spiega all'ANSA Elisa Fuksas, già regista, fra gli altri, di Nina con Luca Marinelli e The App per Netflix -. A un certo punto, mentre eravamo ancora in lockdown, ho mandato tutto alla montatrice (Natalie Cristiani, ndr) che è anche la mia migliore amica e le ho chiesto di vedere se potesse uscirne qualcosa, mi serviva il consiglio di qualcuno che mi conoscesse bene. Lei ha fatto un primo montaggio di 18 minuti e mi hanno talmente traumatizzata che ho deciso di andare avanti». Un'esperienza totalmente diversa, quella di Isola, rispetto agli altri suoi lavori: «E' la cronaca di un periodo nel quale abbiamo vissuto tutti come se fossimo costantemente all'alba. Mi sembra di aver vissuto all'interno del film per cinque-sei mesi. Per fortuna, adesso la mia vita va avanti». (ANSA).
Tornare alla home page