FIFF Jimmy Keyrouz: «'Broken Keys', un simbolo di speranza e di libertà»

sifo, ats

25.3.2022 - 08:01

Il regista libanese Jimmy Keyrouz, presenta nel concorso internazionale lungometraggi del Festival International du Film de Fribourg (FIFF) il suo film «Broken Keys», già parte della selezione ufficiale del Festival di Cannes 2020. Keystone-ATS lo ha intervistato.

Keystone-SDA, sifo, ats

In «Broken Keys» (2021), film ambientato nel 2014 nella Siria occupata dallo Stato islamico, il pianista Karim sogna una carriera in Europa.

I suoi sogni vengono infranti quando il piano, che voleva vendere per potersi pagare il viaggio clandestino fino in Europa, viene distrutto da un terrorista. Inizia allora per Karim una pericolosa quanto speranzosa avventura per trovare i tasti sostitutivi per il suo piano, una metaforica ricerca per la libertà.

Da «Nocturne in Black» a «Broken Keys»

«Nel 2014 ero a New York e seguivo quello che stava succedendo in Siria e in Iraq, ed ero scioccato dalla brutalità e dalla violenza dello Stato Islamico», spiega il regista libanese Jimmy Keyrouz in un'intervista a Keystone-ATS.

«Quando ho saputo che la musica era stata vietata sono rimasto scioccato. Non avrei mai immaginato che qualcosa di così bello e innocente come la musica potesse essere vietato», dice. Così è nata l'idea per il suo cortometraggio «Nocturne in Black» (2016), progetto di tesi fatto nel quadro del Master in Sceneggiatura e regia (Screenwriting and directing) alla Columbia University di New York. Il film «Broken Keys» è basato proprio su questo cortometraggio.

«Nocturne in Black» ha riscosso un grande successo, «abbiamo vinto la medaglia d'oro alla Student Academy Award che fa parte degli Oscar e anche i Bafta Student Film Awards», afferma Keyrouz.

Un successo riconfermato con «Broken Keys», parte della selezione ufficiale del Festival di Cannes 2020 e scelto per rappresentare il Libano nella corsa agli Oscar nel 2021 e «a una ventina di altri festival in seguito», aggiunge il regista libanese. «Purtroppo tutto ciò è successo durante la pandemia, nel 2020 a Cannes non c'è stato il festival, avremmo voluto andarci fisicamente con gli attori e assistere alla prima, è stato molto più complicato», indica Keyrouz.

Riprese in Iraq e in Libano

«Ho iniziato a scrivere la sceneggiatura di 'Broken Keys' nel 2018 e abbiamo cominciato la pre-produzione e le riprese nel 2019 e poi la post-produzione nel 2020», spiega Keyrouz. «Abbiamo fatto il film in due anni».

«Una parte del film è stata girata in Iraq soprattutto per quanto riguarda le scene all'esterno, ma la maggior parte del film è stata girata in Libano», indica Keyrouz, «la vera sfida è stata per le riprese all'esterno, con le panoramiche di un' intera città distrutta».

«Abbiamo girato a Mosul nel 2019, un anno dopo la fine della guerra, eravamo la prima troupe cinematografica a filmare lì», spiega Keyrouz. «Nessuna assicurazione voleva offrirci una copertura per un viaggio in Iraq». Anche in Libano non è stato semplice perché il paese si trovava in piena crisi, con un crack bancario e come se non bastasse anche una pandemia in arrivo, precisa il regista.

«Quello che cerco di fare per i miei film è di immergermi nella storia, leggere molto sul mondo e quello che succede in Medio Oriente o parlare alla gente del posto», spiega Keyrouz. «Non mi pongo limiti geografici». «Tutto dipende dal tema, che detta tutto il resto».

Colonna sonora d'eccezione

La colonna sonora originale del film è del compositore libanese Gabriel Yared, già autore di numerose colonne sonore di successo quali quella per «Il paziente inglese», per cui ha vinto l'Oscar nel 1997, o per «Il talento di Mr. Ripley».

«Era la scelta ideale, essendo di origine libanese come me, ho sempre sentito che potesse comprendere questa storia in modo unico e che ci fosse un elemento medio orientale», spiega Keyrouz.

A causa del Covid-19, Yared, per la prima volta nella sua lunga carriera, «ha dovuto dirigere l'orchestra basata a Londra da Parigi, con tanto di cuffie e a distanza», afferma Keyrouz.

Nel film la musica gioca un ruolo chiave, vietata dal sedicente Stato Islamico, è nel suo pianoforte e nella musica che il protagonista ripone tutte le sue speranze e quelle del suo popolo.

Speranza e libertà

«La guerra distrugge tutto, non soltanto una città fisicamente ma anche i sogni», afferma Keyrouz, «ma l'importante è non perdere la speranza, è quello che fa Karim nel film si batte per non perdere questa speranza e continua a suonare». «Il potere unificatore che hanno la musica e l'arte è universale», indica Keyrouz. «Creare arte e musica necessita una certa libertà d'espressione, cosa a cui i regimi totalitari si oppongono», spiega il regista.

«Bisogna battersi per la libertà di espressione», ribadisce. Il protagonista del film Karim «ha dei sogni come tutti noi e si batte per raggiungerli».

Attualmente il regista libanese sta lavorando a diversi progetti, fra questi un secondo lungometraggio sull'ambiente scritto da lui, un altro film su una missione di salvataggio di bambini che ha co-scritto come regista e sta preparando anche una serie TV sulla corruzione, spiega. «Non si svolgono in Medio Oriente ma un po' dappertutto nel mondo», prosegue.

«Ho vissuto gran parte della mia vita in Libano, ho passato sette anni a New York e sono spesso in Europa, sono anche un po' messicano e imparo lo spagnolo», un bagaglio culturale che Keyrouz porta con sé ovunque va.