Kokoroko,'anche razzisti amano afrobeat'
Intervista alla band londinese sold out a Milano al JazzMi
MILANO, 03 NOV – Sembra Londra e invece siamo a Milano, al Biko, e i ragazzi afro sono una delle band migliori del 2019. Si chiama 'Kokoroko', una parola scelta dalla lingua Urhobo della Nigeria che significa «essere forti». L'ha pescata Sheila Maurice-Grey, per tutti Ms Maurice, giovane trombettista e leader di un gruppo di 8 musicisti, ieri in concerto al JazzMi, che stanno ridisegnando i confini dell'afrobeat.
«Alcuni miei amici sono emigranti gambiani. Loro sono arrivati qui dopo un viaggio ai confini dell'umanità che hanno deciso di affrontare perché davvero disperati. Per molti in questa città sono immigrati da odiare e tra le stesse persone che li caccerebbero c'è gente che stasera pagherà per sentirmi suonare. Questa contrapposizione mi spiazza», spiega il compagno e percussionista Onome Edgeworth. Grande successo per l'afrobeat e razzismo dilagante? «Fela Kuti ha sempre trasmesso tanti messaggi durante i concerti – risponde Ms Maurice – La verità è che a volte la gente vuole solo ballare».
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