Locarno Film Festival Mattie Do: «Fare cinema è una simbiosi simultanea con gli altri»

sifo, ats

14.8.2021 - 17:42

La regista laotiana Mattie Do, membro della giuria di Cineasti del presente alla 74esima edizione del Locarno Film Festival, fotografata al termine della proiezione del suo film "The Long Walk".
La regista laotiana Mattie Do, membro della giuria di Cineasti del presente alla 74esima edizione del Locarno Film Festival, fotografata al termine della proiezione del suo film "The Long Walk".
Keystone

Mattie Do è l'unica regista donna proveniente dal Laos ed è membro della giuria del Concorso Cineasti del presente alla 74esima edizione del Locarno Film Festival. Keystone-ATS l'ha incontrata a Locarno in occasione della proiezione del suo film «The Long Walk».

sifo, ats

Mattie Do, cresciuta a Los Angeles, è figlia di rifugiati laotiani. Da una decina d'anni è tornata a vivere a Vientiane, la capitale del Laos. Ha iniziato la sua carriera cinematografica dirigendo due film horror, «Chantaly» (2012) e «Dearest sister» (2016).

La sua terza pellicola, «Bor me vhan chark» (The Long Walk, 2019), proiettata a Locarno ieri nel quadro di Open Doors, era stata mostrata in prima mondiale alla 76esima Mostra di Venezia nel 2019.

Si conclude proprio quest'anno il ciclo triennale Open Doors dedicato al Sud-est asiatico e alla Mongolia, un cinema in piena espansione, tutto da scoprire.

Unica regista donna laotiana

Mattie Do è la prima regista donna proveniente dal Laos, ma come ha ammesso al termine della proiezione, lo è diventata un po' per caso. Non ha infatti fatto nessuna scuola di cinema, ma siccome suo marito Christopher Sean Larsen è sceneggiatore, quando si sono recati in Laos per trovare il padre di lei è stata ingaggiata come regista pur non avendo alcuna esperienza.

Al contrario di quello che si possa pensare, Mattie Do in un'intervista accordata a Keystone-ATS afferma: «essere americana non mi ha per niente aiutata», perché le ha impedito di ricevere fondi per film del Sud-est asiatico, pur essendo anche laotiana e vivendo in Laos.

In seguito i fondi hanno adattato i requisiti a situazioni come la sua. «Per il cinema laotiano è ancora estremamente difficile, perché non esiste l'infrastruttura», indica, nell'intero paese si contano infatti solo quattro cinema e non esiste nessuna scuola cinematografica.

Le produzioni laotiane sono relativamente piccole e il budget è molto limitato, la regista racconta che per il suo primo film «eravamo in cinque più il mio cane».

«Bor me vhan chark»

«Bor me vhan chark» in laotiano «è una bellissima espressione che significa 'mai separati'». Mattie Do spiega che «The Long Walk» non doveva essere il titolo inglese ma poi è rimasto per praticità.

Questo suo terzo film, ispirato dalla perdita della madre e del cane e guidato dal «desiderio di far tornare indietro il tempo», parla del cerchio della vita e di come le cose non possano essere cambiate. «Un cerchio che questi personaggi non accettano e cercano di rompere ogni volta».

Ambientato in un piccolo villaggio al di fuori della capitale Vientiane, è una finestra sul Laos rurale e i suoi abitanti, la cultura e le tradizioni buddiste, con un tocco di fantascienza e di viaggio nel tempo. Voleva essere anche una sorta di ribellione alle critiche ricevute in precedenza per i suoi film «non rappresentativi della popolazione laotiana».

Il bambino protagonista del film (Por Silatsa) è diventato attore per caso, la regista lo ha trovato in un piccolo villaggio non distante dalla capitale e gli ha proposto di recitare nel suo film in cambio di una bicicletta.

Doppio ruolo

Per la 74esima edizione del Locarno Film Festival Mattie Do è stata scelta come membro della giuria del Concorso Cineasti del presente, dedicato a film di registi emergenti.

«Quando il direttore artistico del festival Giona A. Nazzaro mi ha inviato la mail per chiedermi di far parte della giuria pensavo si fosse sbagliato», afferma la regista che si definisce «uno spirito ribelle».

Come parte della giuria quello che cerca in un film è «il potenziale» che ha, perché un premio conferito dal Locarno Film Festival è un trampolino di lancio. Con gli altri membri, l'attrice Agathe Bonitzer e la direttrice dell'International Film Festival Rotterdam (IFFR) Vanja Kaludjercic, ci sono state molte discussioni sui film in concorso e avendo diverse prospettive si sono completate a meraviglia.

Questa collaborazione «ci ha fatto realizzare che siamo dipendenti l'una dall'altra, le nostre carriere non possono esistere se non in una simbiosi simultanea» ammette Mattie Do.

In qualità di regista collabora invece con il marito, dandogli un'idea e spiegandogli «la direzione in cui la storia deve andare», lui poi scrive la sceneggiatura del film che lei rilegge e corregge. «Facciamo quattro o cinque bozze prima di filmare».

La regista ha molti progetti nel cassetto, ma non vuole «farsi troppe aspettative per paura di essere delusa», come successo per il suo secondo film.

Prevede un film d'amore che vuole «si svolga nell'America rurale e a Bangkok, creando un contrasto tra un piccolo villaggio e una metropoli asiatica». E un film sugli zombie ambientato in Laos che riguarderà il turismo sessuale e i suicidi dei turisti del sesso. Anche uno dei cani di Mattie Do farà parte del cast, come nei suoi film precedenti.