Lutto nel cinemaÈ morto Laurent Cantet, il regista di «Entre le murs»
SDA
25.4.2024 - 19:27
Il regista Laurent Cantet, che ha ricevuto la Palma d'Oro nel 2008 per il suo film «Entre les murs» (La classe), è morto «questa mattina a Parigi di malattia», ha detto la sua agente all'AFP confermando l'anticipazione di «Libération».
25.04.2024, 19:27
25.04.2024, 19:34
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Il regista stava lavorando a un progetto cinematografico, intitolato «L'Apprenti» (L'apprendista), che sarebbe dovuto uscire nel 2025.
Era nato a Melle, nella Nuova Aquitania, l'11 aprile 1961, figlio di genitori entrambi attivi nella scuola e da loro avrebbe ereditato una sincera passione per l'insegnamento. Dopo l'università a Marsiglia entra all'IDHEC di Parigi dove si diploma nel 1986.
Tra i suoi compagni di corso ci sono Dominik Moll, Gilles Marchand e Robin Campillo, che sarà al suo fianco in molti momenti della carriera e a cui produrrà nel 2017 «120 battiti al minuto» a sua volta premiato a Cannes con il Grand Prix.
Il debutto
Cantet debutta invece con un periodo formativo in televisione e poi come aiuto-regista di Marcel Ophuls per «Veillées d'armes» sull'assedio di Sarajevo nel 1994. Intanto ha esordito come regista con il documentario «Un été à Beyrouth» (1990) e il cortometraggio «Tous à la manif» (1994) con cui vince il Premio Jean Vigo. La sua prima prova nel lungometraggio risale al 1997 con «Les sanguinaires» prodotto da «Haut et court» per la tv.
Quando arriva in sala con la sua opera prima «Risorse umane» nel 1999 (vincitore di due Premi César) è già un cineasta maturo e consapevole: sa di voler dedicare la sua opera alla realtà della gente comune, a chi fatica ad arrivare alla fine del mese, ai temi sociali, a una realtà che sorprende ancor più della finzione.
I successivi «L'employe du temps» e «Verso il sud» (realizzati nei primi anni 2000) fanno il giro dei grandi festival e lo collocano alla testa di un nuovo movimento del cinema francese, finalmente capace di staccarsi dai modelli della Nouvelle Vague.
La Palma d'oro con «Entre le murs»
Quando il suo «Entre le murs» arriva a Cannes il penultimo giorno del festival nel 2008, l'impatto è sensazionale, un vero terremoto. A furor di popolo vince la Palma d'oro sconvolgendo ogni pronostico e sarà anche un successo di pubblico con quasi 30 milioni di dollari guadagnati nel mondo.
Per lui, che trae ispirazione dal diario scolastico di François Bégaudeau, è una sorta di risarcimento morale alla passione per l'insegnamento dei suoi genitori.
Concepito come un documentario di finzione, interpretato dall'autore del libro e da una vera scolaresca delle classi medie, è un ritratto pieno di empatia e passione verso il mondo giovanile con tutte le sue paure e speranze.
Al lavoro fino alla fine
Quattro anni dopo ritorna a Cannes con «7 días en La Habana», segmento del film collettivo «La fuente» che vincerà nella sezione Un Certain Regard e poi dedica all'isola caraibica – alle sue mille contraddizioni – il folgorante «Retour à Ithaque» (Ritorno a Itaca) che rimane il gioiello delle Giornate degli Autori alla Mostra di Venezia nel 2014.
La sua carriera si completa nel 2017 con «L'atélier» (ancora un diario di formazione attraverso il lavoro con un gruppo di giovani aspiranti scrittori a La Ciotat, nel sud della Francia) e «Arthur Rambo» del 2021 sulla nuova generazione dei francesi magrebini.
Alla sua scomparsa Cantet è ancora al lavoro su un nuovo progetto, convinto come sempre che solo le necessità di produzione stabiliscano il momento in cui il montaggio deve dirsi concluso, visto che il suo metodo è quello di un cantiere sempre aperto, in cui la vita entra a sparigliare ogni volta l'idea originale da cui si è partiti.
Un'attivista delle «cause giuste»
Da sempre impegnato della difesa degli autori e delle minoranze sociali, nel 2010 militava a fianco dei «sans papier» per la tutela degli immigrati e dei lavoratori dello spettacolo.
Nel 2017 fondava la prima piattaforma digitale (La Cineteck) per la tutela del patrimonio filmico francese, sosteneva la causa del collettivo 50/50 per la parità di genere, nel dicembre scorso firmava, insieme a 50 colleghi, la lettera aperta per la richiesta di un «cessate il fuoco» a Gaza e per la difesa dei civili palestinesi e la restituzione degli ostaggi israeliani.
Ha speso una vita per quelle che considerava le «cause giuste» e ha dedicato il suo cinema alle voci più vitali capaci di combattere le storture della società. Con lui il cinema mondiale perde una voce purissima, scevra da ogni compromesso e capace di un'umanità rara, dentro e fuori dal set.