Diritti Olivia Colman critica il divario salariale di genere a Hollywood

Covermedia

13.2.2024 - 13:01

Olivia Colman
Olivia Colman

L’attrice ha espresso le sue opinioni sulle disuguaglianze retributive nell'ambito cinematografico.

Olivia Colman ha lanciato un appello contro il divario salariale a Hollywood.

L'interprete di «Wonka» sostiene che il cinema al femminile viene sminuito dall'establishment hollywoodiano.

Durante un colloquio con Radio Times, ha affrontato direttamente la questione, denunciando la disparità tra i compensi percepiti dagli attori maschili e quelli femminili.

«La gente sostiene che gli uomini siano più remunerati perché attraggono maggior pubblico», ha esclamato Olivia, cinquantenne. «È falso! I dati di incasso lo confermano. Non capisco perché sia ancora un argomento di discussione!».

Forte di quattro premi BAFTA, due Emmy, un Oscar e tre Golden Globe, Olivia ha consolidato la sua presenza nell'industria del cinema e della televisione e non esita a esprimere le sue opinioni.

L'attrice ha inoltre evidenziato una serie di pellicole con donne protagoniste che hanno ottenuto successi al botteghino.

«Sono stata profondamente toccata da numerosi film incentrati sulle figure femminili», ha dichiarato Olivia. «E alcune delle opere di maggior successo, come Barbie, Le amiche della sposa, Thelma & Louise, vedono le donne in primo piano!».

Non è la prima volta che Olivia assume una posizione decisa in un'intervista.

Durante lo speciale di Capodanno del Graham Norton Show, Olivia ha condiviso un aneddoto divertente relativo alle riprese del suo film «Empire of Light».

Nella pellicola, il personaggio di Olivia, una direttrice di cinema, intrattiene una relazione con uno dei suoi giovani dipendenti, interpretato da Micheal Ward, attualmente ventiseienne.

«C'è stato un momento in cui mi trovavo a cavalcioni su Micheal in una situazione alquanto compromettente e imbarazzante, e lui mi ha detto: «Oggi è il compleanno di mia madre»», ha raccontato l'attrice. Quando mi detto che sua madre aveva 43 anni, ho pensato: «Okay, basta parlare!»».