«Una necropoli nella metropoli» L'isola dei morti dimenticata di New York

dpa/tafi

20.5.2020

Alcune vittime newyorkesi del coronavirus sono state sepolte in semplici bare di legno a Hart Island: si tratta principalmente di senzatetto e di persone povere o sole.
Alcune vittime newyorkesi del coronavirus sono state sepolte in semplici bare di legno a Hart Island: si tratta principalmente di senzatetto e di persone povere o sole.
John Minchillo/AP/dpa

Da 150 anni, Hart Island è il cimitero degli abitanti poveri di New York. In realtà, la piccola isola al largo del Bronx doveva essere trasformata in un parco pubblico. Ma poi è arrivata la crisi del coronavirus.

Potrebbe essere una qualsiasi bella giornata di primavera. I velieri bianchi sono cullati dall'acqua dell'oceano, mentre in lontananza i grattacieli di Manhattan si stagliano di fronte al sole di mezzogiorno. Ma alla periferia della metropoli, le bandiere statunitensi sono a mezz'asta. 

Basta andare dall'altro lato della strada per comprenderne la ragione. Un cartello indica «divieto di accesso» e attraverso una recinzione metallica si intravede un pontone. Qualche centinaia di metri più in là, c'è Hart Island, isola divenuta celebre dopo che numerose vittime del coronavirus vi sono state seppellite in fosse comuni. Le foto del luogo hanno fatto il giro del mondo.



Semplici bare di legno

La pandemia di coronavirus ha colpito duramente la megalopoli di New York. Circa 190'000 persone hanno già contratto il virus, in una città di circa nove milioni di abitanti. I morti sono più di 20'000.

Alcune di queste vittime sono state seppellite in semplici bare di legno sull'isola di Hart: si tratta di senzatetto, di persone senza una famiglia o che non è stato possibile identificare, o ancora di morti per i quali i famigliari non avevano i mezzi per finanziare una forma diversa di inumazione.

Da sanatorio a cimitero

Da circa 150 anni, Hart Island è il cimitero degli abitanti poveri di New York. In precedenza, quest'isola in gran parte inaccessibile al pubblico, era stata adibita a campo di prigionia, durante la guerra di Secessione e durante la Seconda guerra mondiale, nel corso della quale vi erano detenuti tre soldati tedeschi.

Il sito ha ospitato anche un sanatorio per pazienti affetti da tubercolosi, un ospizio e una clinica psichiatrica, i cui edifici sono ormai da tempo in rovina. 

Nel corso dell'ultimo secolo e mezzo, più di un milione di morti è stato seppellito su quest'isola di 400'000 metri quadrati, situata al largo del Bronx. In tempi normali, accoglie circa 1100 cadaveri all'anno, cifra che di recente ha registrato una crescita considerevole, proprio a causa della pandemia di coronavirus. 

Un progetto di parco pubblico procrastinato

«Le immagini dei nostri concittadini newyorkesi seppelliti a Hart Island lasciano tutti noi sgomenti», ha dichiarato il sindaco Bill de Blasio. «Non ci saranno inumazioni di massa sull'isola. Tutto sarà effettuato individualmente e ciascun corpo sarà trattato con dignità», ha sottolineato il primo cittadino. 

L'isola offre abbastanza spazio per accogliere le spoglie di abitanti poveri per ancora una decina di anni, ha precisato il municipio. Che in realtà aveva deciso di trasformare Hart Island in un parco pubblico, sul medio termine. Benché non fossero stati ancora definiti con chiarezza, i dettagli del progetto e il calendario sono ormai completamente sconvolti dalla pandemia di coronavirus. 

L'isola è oggi uno dei luoghi più inaccessibili di tutta la città. Per ora, i parenti dei defunti non possono effettuare la traversata per visitare le tombe. Dal pontone, si vedono soltanto gli edifici abbandonati e alcuni boschi. Fino a qualche giorno fa, dei camion pieni di corpi provenienti da ogni quartiere di New York arrivavano regolarmente via mare a Hart Island. 

Vittime in leggero calo

Oggi il numero di vittime quotidiane è un po' calato, ma le camere ardenti di fortuna sono sempre lì. A poco più di dieci chilometri di distanza, sul parcheggio di uno stadio di Randall's Island, tra Manhattan e il Queens, i rimorchi formano lunghe file. 

Nel corso di alcune giornate, la maggior parte di essi era stata sparpagliata in tutta la città per ricevere i corpi che le cliniche non riuscivano a gestire. C'è ancora un avviso sulla porta di un rimorchio: «Evitate di continuare a mettere salme qui». 

«Per la maggior parte dei newyorkesi, Hart Island non esiste»

«Per la maggior parte dei newyorkesi, Hart Island non esiste», ha scritto recentemente il «New York Times». «È al contempo lontana dagli occhi e lontana dal cuore. È una necropoli nella metropoli, distanziata geograficamente e psicologicamente dalla popolazione in vita».

Vi vengono seppelliti corpi di continuo, ma in tempi normali, prima dell'inizio della pandemia di coronavirus, nessuno vi prestava attenzione, secondo il quotidiano: «Hart Island è sempre stata lì. Il privilegio di ignorare la sua esistenza è un'altra delle cose che la crisi attuale sta distruggendo». 

Dietro alla recinzione di metallo di fronte alla quale sorge Hart Island, la nostra visita viene notata da un lavoratore. In tono amichevole, chiede se ci può aiutare. Come quasi ogni giorno negli ultimi tempi, la conversazione in breve si sposta sulle preoccupazioni legate alla crisi e su racconti terribili di vicende vissute ormai da troppi abitanti della città. Suo cugino, un conducente di autobus newyorkese, è morto di COVID-19 settimne fa, racconta l'uomo. Aveva 55 anni: più o meno la sua stessa età.  

Malgrado tutto, è contento di poter ancora lavorare, mentre molte persone sono costrette a rimanere a casa: «E ora che i camion non arrivano più, il mio mestiere è davvero privo di pericoli».

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