USA 2020L'analisi: Donald Trump, l'America e il «prima io»
Jérôme Cartillier, AFP
8.11.2020
«Alcune persone pensano che io sia un vero genio.» Trasgressioni, provocazioni e tweet beffardi a sostegno, Donald Trump ha scritto un capitolo straordinario, sotto tutti i punti di vista, della storia degli Stati Uniti.
Eletto sulla base della rabbia e delle fratture dell'America, li ha alimentati senza sosta. Ma rimarrà - colpo duro per un uomo desideroso di confronti e indici d'ascolti - il presidente di un solo mandato.
Per quattro anni gli statunitensi hanno assistono entusiasti, sbalorditi o spaventati, allo spettacolo di un presidente che non si è imposto vincoli, liberatosi di ogni norma.
Nel contempo sintomo e moltiplicatore delle paure del suo Paese, ha saputo parlare a un'America che si sentiva «dimenticata» ma si è sistematicamente rifiutato di indossare i panni di unificatore.
Pandemia
Più di ogni altro periodo durante la sua presidenza, la pandemia di Covid-19 che ha causato più di 236.000 vittime negli Stati Uniti, ha messo in luce questo suo atteggiamento. Il presidente 74enne ha scherzato su fatto di indossare la mascherina, vedendola come una manifestazione del «politicamente corretto» di cui si fa beffe in qualsiasi momento.
Ha attaccato Anthony Fauci, l'immunologo più rispettato del paese, che prima di lui aveva lavorato con altri cinque presidenti e che è stato, instancabilmente, la voce della ragione scientifica. Ha minimizzato la minaccia sanitaria costituita dal Covid-19, presentandosi come «Superman» dopo esserne risultato positivo.
Sulla stessa scia, non sembra pronto ad accettare la sua sconfitta, evocando «frodi» senza fornire prove, con il rischio di danneggiare la fiducia degli elettori nella democrazia statunitense.
«Mandato intriso di scandali»
La deriva autoritaria o il collasso economico annunciato da alcuni l'8 novembre 2016, giorno della sua elezione a rombo di tuono, non ha avuto luogo.
Le istituzioni hanno dimostrato la loro solidità e una serie di indicatori - dati sull'occupazione in testa - sono stati positivi prima dell'impatto devastante del coronavirus.
Ma in un mandato intriso di scandali, che contrasta singolarmente con quello di Barack Obama, il settantenne ha danneggiato la funzione di presidente, aggredito giudici, eletti e funzionari e alimentato tensioni razziali.
Oltre confine, ha maltrattato gli alleati degli Stati Uniti, mostrato un inquietante fascino per i leader autoritari, da Vladimir Putin a Kim Jong-un, e ha dato un colpo brutale alla mobilitazione sul clima.
«Mi diverto»
Giocatore, volto vanaglorioso e trionfante del populismo disinibito, colui che, secondo la formula assassina dello scrittore Philip Roth, usa «un vocabolario di 77 parole», ha fatto perdere il senso delle proporzioni sia ai suoi estimatori che ai suoi detrattori.
Ha subìto anche l'infamia di una messa sotto accusa in un processo di destituzione da parte del Congresso, procedura di impeachment che rimarrà una macchia indelebile.
«Lo spettacolo è 'Trump' e fa il tutto esaurito ovunque si tenga. Mi diverto a farlo e continuo a divertirmi». La frase, tratta da un'intervista rilasciata a Playboy dal magnate immobiliare nel 1990, potrebbe essere stata pronunciata ieri. E applicarsi a ciascuno dei suoi giorni alla guida della prima potenza mondiale.
Dotato di un vero talento comunicativo, il miliardario è riuscito nell'impresa di posizionarsi come il portavoce dell'America dei «dimenticati» e dei «pietosi», per usare l'espressione sprezzante di Hillary Clinton.
Mostrando un vero fiuto politico, ha saputo catturare le ansie di un'America - prevalentemente bianca, piuttosto anziana - che si sentiva disprezzata dalle «élite» sulla costa orientale e dalle star di Hollywood sulla costa occidentale.
«Pinocchio senza limiti»
Colui che si era conquistato un posto fisso nelle case statunitensi grazie a un reality, «The Apprentice», applicava inesorabilmente una semplice regola: occupare lo spazio, ad ogni costo.
Disprezzo per la scienza, approssimazioni, falsità: le sue affermazioni hanno costretto il team di fact-checkers del Washington Post a creare una nuova categoria: «The Bottomless Pinocchio» (traducibile con «Il Pinocchio senza limiti») per affermazioni false o fuorvianti ripetute oltre 20 volte.
Dalla Casa Bianca, l'ex imprenditore ha, in tutte le occasioni, ampliato il divario tra due Americhe, la rossa (repubblicana) e l'azzurra (democratica). Lungi dall'appellarsi come Abraham Lincoln nel 1861 alla «parte di luce in ciascuno di noi», ha fatto leva instancabilmente sulle paure.
Agitando, sin dall'annuncio della sua candidatura nel 2015, lo spettro dei migranti illegali «stupratori» e ponendosi, durante la campagna 2020, come unica garanzia di «legge e ordine» di fronte a una «sinistra radicale» determinata, secondo lui, a fare degli Stati Uniti «un Venezuela su larga scala».
In un Paese malgrado tutto affamato di momenti - anche fugaci - di unità nazionale, molto raramente ha conosciuto o voluto trovare il tono per sanare le ferite, anche dopo un disastro naturale o una sanguinosa sparatoria.
Appassionato telespettatore di Fox News, ha usato i suoi brutali attacchi ai media - descritti come «disonesti», «corrotti» e «nemici del popolo» - per mettere una parte del paese contro un'altra.
Fatto degno di nota: è l'unico presidente nella storia la cui popolarità non ha mai raggiunto il 50% durante il suo mandato.
Azienda di demolizione
I suoi avversari e suoi sostenitori sono d'accordo su un punto: Donald Trump ha mantenuto alcune delle sue promesse elettorali. Come aveva annunciato, ha respinto una serie di trattati e patti duramente negoziati, primo fra tutti l'accordo di Parigi sul clima. Ma questa fedeltà agli impegni presi in campagna elettorale si è prodotta solo con smantellamenti e demolizioni.
Sulle sue iniziative, il bilancio è più povero. Colpisce il dossier nucleare iraniano: ha strappato l'accordo negoziato duramente dal suo predecessore, ha aumentato la pressione su Teheran fino all'eliminazione del potente generale iraniano Qassem Soleimani, ma non ha mai presentato una vera strategia.
Il grande piano di pace in Medio Oriente, affidato a Jared Kushner, genero e consigliere con tutte le qualità, non si è mai realizzato. Può però vantarsi di aver spostato le linee nella regione sostenendo la normalizzazione dei rapporti tra Israele e tre Paesi arabi: Emirati Arabi Uniti, Bahrein e Sudan.
La morte, nell'ottobre 2019, del capo del sedicente Stato islamico (IS) Abu Bakr al-Baghdadi durante un'operazione americana in Siria, rimarrà senza dubbio come momento clou della sua presidenza.
La sua più grande audacia, il suo più grande colpo, non ha avuto il previsto ritorno sull'investimento. I due vertici con il leader nordcoreano Kim Jong-un, gli abbracci e la complicità mostrati durante una storica visita nella zona smilitarizzata, l'«alchimia», le «magnifiche» lettere: lo sforzo è stato vano. Il regime non si è mosso di un millimetro sulla questione centrale della denuclearizzazione.
Nella complessa e mutevole geopolitica del 21° secolo, Donald Trump ha preso di mira personalmente Justin Trudeau, Emmanuel Macron, Angela Merkel e Theresa May.
L'avvertimento più acuto non è venuto dai suoi avversari politici, ma dal capo del Pentagono Jim Mattis. Nella sua lettera di dimissioni, il generale ha ricordato al presidente degli Stati Uniti una semplice regola diplomatica: «Tratta gli alleati con rispetto».
«Nazionalismo traballante»
In uno scenario politico senza precedenti che nessun conservatore aveva previsto, Donald Trump, con la sua capacità di elettrificare la sua base elettorale, ha messo alle strette il Partito Repubblicano, che inizialmente lo aveva sottovalutato o addirittura ignorato.
Di tanto in tanto, funzionari eletti del «Grand Old Party» (GOP) hanno espresso il loro disaccordo: sul suo atteggiamento straordinariamente conciliante nei confronti di Vladimir Putin a Helsinki, sulla sua reazione dopo l'omicidio del giornalista Jamal Khashoggi da parte di agenti sauditi, o anche sulle sue parole su «persone molto buone» da entrambe le parti dopo gli scontri tra anti-razzisti e neonazisti a Charlottesville.
Ma, nel tempo, si sono uniti, hanno fatto blocco attorno a Trump. Con grande dispiacere di alcune voci dissenzienti, come quella dell'ex senatore John McCain, che, prima della sua morte nell'agosto 2018, aveva messo in guardia dalla tentazione del «nazionalismo traballante e fallace».
Donald Trump ha sempre operato secondo un semplice principio: pro o contro di lui, senza sfumature. L'ex capo dell'FBI, James Comey, brutalmente licenziato, ha menzionato nelle sue memorie un presidente che sottopone il suo entourage a un codice di lealtà che gli ricorda l'atteggiamento dei boss mafiosi osservato all'inizio della sua carriera di pubblico ministero.
Scandali a cascata
Nato nel Queens, New York, istruito in una scuola militare, Donald J. Trump è entrato nell'azienda di famiglia dopo aver studiato economia. Grazie a un'esenzione medica che ha sollevato molte domande, è scampato alla guerra del Vietnam.
Contrariamente alla leggenda che si è costruito, non è un «self-made man». Dopo la seconda guerra mondiale, suo padre, Fred Trump, discendente di un immigrato tedesco, aveva già costruito un impero a New York City costruendo edifici per la classe media in quartieri popolari.
Donald Trump ha assunto le redini dell'azienda negli anni '70 con un solido impulso finanziario da parte di suo padre, «un piccolo prestito» di un milione di dollari, ha detto durante la campagna del 2016.
Sebbene abbia sempre pubblicizzato i suoi successi commerciali, la Trump Organization, un'azienda familiare non quotata con sede nella Trump Tower sulla 5th Avenue, ha avuto i suoi alti e bassi.
E la sua complessa rete di immobili e campi da golf negli Stati Uniti e all'estero rimane avvolta in un denso mistero: Donald Trump è l'unico presidente dei giorni nostri ad essersi rifiutato di pubblicare le sue dichiarazioni dei redditi.
Quando il New York Times ha rivelato nell'estate del 2020 che aveva pagato solo 750 dollari di imposta federale sul reddito nel 2016 e molte delle aziende avevano accumulato perdite, la sua immagine di imprenditore di successo ha subito di nuovo un colpo.
Padre di cinque figli nati da tre donne diverse, dieci volte nonno, Donald Trump non ha mai smesso di elogiare pubblicamente Melania, l'ex modella diventata «magnifica First Lady».
Ma le rivelazioni sulle sue presunte relazioni extraconiugali, in particolare con la pornostar Stormy Daniels, e le accuse di aggressione sessuale che lo hanno preso di mira non si adattano bene alla sua lode ai valori della famiglia ripetuta parola per parola ad ogni incontro con i cristiani evangelici.
Figlia adorata a cui è stato dato il titolo di «consigliere» della Casa Bianca, Ivanka è stata molto ascoltata. «Mi chiamava e mi diceva: 'Papà! Non capisci! Devi fare questo, devi farlo!'», raccontava Trump alla fine del 2018 durante la firma di una legge di riforma sulla giustizia.
Contando su una ristretta cerchia familiare, ma anche su un «istinto» sempre rivendicato, Donald Trump, la cui caduta è stata annunciata mille volte, sarà sopravvissuto a tutti gli scandali. Come se, a forza di accumularli, non avessero più presa su di lui.