Guerra in Ucraina Ucraina: allarme sulle armi chimiche, Kiev attende l'assalto

SDA

10.3.2022 - 22:57

Kiev si svuota aspettando il grande assalto. Ma la preda più ambita per i russi al momento rimane Mariupol, la città portuale sul Mare di Azov su cui si stringe la manovra a tenaglia delle truppe di Mosca e delle milizie dell'autoproclamata Repubblica di Donetsk. 

Un uomo spinge una carrozzina e saluta dei soldati ucraini per le strade di Vyshgorod, regione vicina a Kiev.
Un uomo spinge una carrozzina e saluta dei soldati ucraini per le strade di Vyshgorod, regione vicina a Kiev.
KEYSTONE

E il peggio potrebbe ancora venire, almeno stando agli allarmi provenienti dagli Usa e dalla Gran Bretagna secondo i quali le truppe d'invasione potrebbero fare ricorso alle armi chimiche per avere ragione della resistenza nemica.

Le prime accuse, arrivate dalla Casa Bianca, sono state rilanciate dalla ministra degli Esteri britannica Liz Truss, e poi da Boris Johnson.

In un'intervista a Sky News il premier ha addirittura illustrato lo scenario di un possibile attacco di Mosca con le armi proibite: «cominciano col dire che armi chimiche sono state immagazzinate dai loro nemici, o dagli americani. E quindi quando sono loro ad usarle, come temo che possano fare, hanno in serbo una sorta di maskirovka, una storia falsa».

Il ministro degli Esteri russo Serghiei Lavrov ha controbattuto accusando a sua volta il Pentagono di utilizzare il territorio ucraino per sviluppare agenti patogeni che potrebbero essere utilizzati per creare armi biologiche.

«La situazione più tragica è a Mariupol»

Sul terreno, per ora, «la situazione più tragica è a Mariupol», ha affermato il ministro degli Esteri ucraino Dmytro Kuleba.

È su questa città che gli invasori concentrano gran parte del loro fuoco nel tentativo di bloccare uno degli strategici accessi al mare dell'Ucraina.

Qui 400'000 civili cercano di sopravvivere a un assedio che li ha lasciati in condizioni disumane senza acqua, elettricità e riscaldamento, mentre imperversano i bombardamenti.

La vicepremier Iryna Verschuk ha detto che un convoglio umanitario che cercava di raggiungere la città è stato costretto a tornare indietro, mentre il ministero della Difesa russo ha annunciato che le milizie della Repubblica di Donetsk sono penetrate per un chilometro da nord verso il centro della città.

Foto pubblicate dalla Cnn mostrano alcuni corpi di persone uccise che vengono gettati in una fossa comune.

Gli attacchi non risparmiano bambini e strutture sanitarie

Le violenze, qui come nel resto dell'Ucraina, non risparmiano i bambini. Liudmyla Denisova, responsabile per i diritti umani al Parlamento di Kiev, ha affermato che son 71 quelli rimasti uccisi e 100 feriti dall'inizio dell'invasione.

Tra le vittime, sempre secondo le autorità di Kiev, una bambina morta con altre due persone nel bombardamento russo sulla clinica ostetrica di Mariupol.

Un'accusa che i russi respingono, bollandola come «una messinscena provocatoria».

L'Organizzazione mondiale della sanità (Oms) invece ha denunciato che dall'inizio dell'invasione, il 24 febbraio, sono state 24 le strutture sanitarie bombardate, con un bilancio di almeno 12 morti e 17 feriti. Anche se non ha indicato i responsabili.

Kiev attende l'assalto

Nelle strade deserte di Kiev regna un'atmosfera di tragica attesa. Le sirene antiaereo sono tornate a suonare e il municipio ha invitato i cittadini a nascondersi nei rifugi.

Ma il sindaco ha riferito che metà della popolazione della capitale, che conta circa 3,5 milioni di residenti, è già fuggita.

Mentre continua ad avanzare molto lentamente il maxi-convoglio militare russo, combattimenti sono segnalati a nord della città, nelle località di Bucha, Irpin e Hostomel e, ad est, nell'area di Brovary.

I bombardamenti continuano anche nel resto del Paese

Per quanto riguarda le altre regioni, fonti ucraine hanno parlato di un bombardamento su un edificio residenziale vicino alla città di Kharkiv, nel nord-est, che ha provocato 4 morti, tra cui 2 bambini, e di un raid sulla città di Okhtyrka, nella regione settentrionale di Sumy, che avrebbe provocato la morte di un ragazzo di 13 anni e di due donne.

In questa situazione risulta estremamente difficile garantire la sicurezza dei corridoi umanitari per le evacuazioni dei civili.

La sola operazione di successo segnalata nelle ultime ore riguarda la partenza di 2'000 persone a bordo di autobus dalla città di Izium, nell'est del Paese.

Incontro Lavrov-Kuleba: nessun cessate il fuoco

Il tanto atteso incontro in Turchia tra i ministri degli Esteri di Russia e Ucraina, Serghiei Lavrov e Dmytro Kuleba, primo abboccamento diplomatico ad alto livello dall'inizio dell'invasione, si esaurisce in un muro contro muro.

Non ci sarà per il momento alcun cessate il fuoco, anzi continuano le accuse reciproche di brutalità nel conflitto, e una soluzione diplomatica resta difficile da immaginare.

Ma per chi sperava in una svolta, le dichiarazioni finali sono state una doccia fredda. «Abbiamo avuto la conferma che non abbiamo alternative. Coloro che riempiono l'Ucraina di armi devono capire che sono responsabili delle proprie azioni», ha detto Lavrov, sottolineando di non voler «sostituire o svalutare» i colloqui sul terreno.

Dal canto suo, Kuleba ha criticato lo stallo sul piano umanitario, provando a pungere il collega nell'orgoglio. «Sul cessate il fuoco di 24 ore non abbiamo fatto progressi, sembra che ci siano altre persone che decidono su questo in Russia», ha attaccato il ministro ucraino, lamentando il nulla di fatto sui corridoi umanitari per Mariupol sotto assedio.

Lo spiraglio arriva invece dalle parole del mediatore, il capo della diplomazia turca Mevlut Cavusoglu. «Serviva un inizio e, se continuiamo su questa strada, insieme possiamo raggiungere un risultato», ha auspicato, promettendo di lavorare per un incontro al vertice: «Kuleba ha detto che il presidente Zelensky era pronto per questo» e Lavrov «che il presidente Putin non era contrario in linea di principio».

Un futuro incontro al vertice?

Ma dietro le quinte qualcosa potrebbe essersi smosso, facendo intravedere timidi spiragli di un futuro incontro al vertice - «l'unica via d'uscita», secondo il presidente ucraino Volodymyr Zelensky -, quando forse la situazione militare sul terreno sarà più vicina ai veri obiettivi di Mosca, che intanto ha deciso di lasciare anche il Consiglio d'Europa.

Anche perché, nel braccio di ferro sulle sanzioni, il capo del Cremlino non accenna passi indietro e avverte che le conseguenze della «guerra economica» alla Russia sono destinate a ripercuotersi sull'Occidente.

La via dei negoziati resta però molto lunga – si attende ora un quarto round in Bielorussia -, come conferma la pioggia di bombe che continua a cadere sull'Ucraina e lascia presagire anche la grande fuga da Kiev, abbandonata in 15 giorni di guerra da metà della popolazione, secondo il sindaco Vitalij Klitschko.

Putin: «Schiacciare la Russia avrebbe costi per tutti»

Da Mosca, intanto, Putin torna all'attacco, tradendo gli effetti sempre più pesanti dell'isolamento internazionale e delle sanzioni, che stanno mettendo in ginocchio l'economia russa.

Ma spingerla verso il baratro, ha minacciato il leader del Cremlino, avrà costi molti alti per il resto del mondo.

A partire da un boom dell'inflazione spinta anche dall'alimentare. «La Russia e la Bielorussia – ha sottolineato in videoconferenza con i suoi ministri – sono tra i più grandi fornitori di fertilizzanti minerali nei mercati mondiali. Se continuano a creare problemi con i finanziamenti, le assicurazioni, la logistica, la consegna dei nostri prodotti, allora i prezzi, che sono già esorbitanti, cresceranno ancora».

Anche sull'altro fronte caldo, quello dei prezzi dell'energia, lo zar ha rispedito al mittente le accuse di speculazioni, assicurando che Mosca sta mantenendo tutti i suoi impegni sulle forniture, comprese quelle attraverso l'Ucraina.

E mentre minaccia azioni «decise» contro le aziende straniere che stanno lasciando la Russia, Putin rilancia la sua sfida agli equilibri mondiali. «Troveremo una soluzione a tutti i problemi – ha detto – insieme ai nostri partner che non riconoscono le sanzioni».