Tempesta su Capitol Hill«Una specie di Woodstock delle fasce di destra piene di rabbia»
Di Andrew Selsky, ap
31.1.2021
La tempesta che si è abbattuta su Capitol Hill a Washington ha unito gruppi di destra finora separati, con conseguenze ancora imprevedibili. Gli esperti mettono in guardia dal rischio di ulteriore violenza e di una radicalizzazione.
Neofascisti, complottisti, razzisti e altri estremisti: all’aggressivo raduno che ha preso d’assalto Capitol Hill il 6 gennaio hanno partecipato sostenitori di tutte le fasce d’estrema destra degli Stati Uniti d’America.
Secondo il parere degli esperti, l’attacco al centro nevralgico della politica ha unito gruppi estremisti precedentemente privi di alcuna associazione, preparando così il terreno per possibili ulteriori atti di violenza. «La partecipazione a queste manifestazioni e gli avvenimenti in sé provocano una radicalizzazione», afferma l’esperto di terrorismo Brian Michael Jenkins, consulente del think tank politico Rand Corporation. «Inoltre, hanno anche un effetto travolgente. La battaglia di Capitol Hill è ormai leggenda.»
Secondo la docente di diritto Mary McCord, a suo tempo collaboratrice di alto rango del Dipartimento della difesa, il clima per l’attacco si è creato durante l’intero mandato del presidente Donald Trump. Le manifestazioni dell’estrema destra all’insegna del motto «Unite the Right» che si sono svolte nel 2017 a Charlottesville, le aggressive proteste contro le regole per il coronavirus o anche i mortali attacchi con armi da fuoco a opera di seguaci pieni di odio: secondo McCord, «tutto ciò ha portato a questo momento».
Il numero dei gruppi d’odio in aumento dal 2017
Secondo i dati del Southern Poverty Law Center, che ha osservato l’evoluzione dell’estremismo negli Stati Uniti, il numero dei gruppi d’odio di nazionalisti bianchi è aumentato del 55% dal 2017.
Tra i gruppi che si sono riuniti a Capitol Hill all’inizio di gennaio, si trovano seguaci della milizia di estrema destra «Oath Keepers», che recluta i propri sostenitori tra ex membri o persino membri ancora attivi delle forze di sicurezza, nonché neofascisti del gruppo «Proud Boys» o sostenitori della teoria complottista QAnon e di altri orientamenti di destra.
«Il 6 gennaio è stato una specie di Woodstock delle fasce di destra piene di rabbia», ha dichiarato Jenkins, consulente di Rand, riferendosi al leggendario festival musicale all’aperto del 1969, quando centinaia di migliaia di persone confluirono nei campi vicino alla piccola città di Bethel, nello Stato di New York. Per quanto riguarda gli avvenimenti di Washington, «il solo fatto che questi gruppi si siano riuniti, mescolati, abbiano condiviso questa rabbia e mostrato questa furia avrà delle conseguenze».
Molte fasce di destra si sentono tradite e abbandonate da Trump
Almeno fino al 20 gennaio, data dell’insediamento del nuovo presidente Joe Biden, le temute proteste di massa violente non sono scoppiate in maniera trasversale negli Stati Uniti e nella capitale. Eppure, ciò potrebbe anche indicare una demoralizzazione solo provvisoria dei gruppi di destra, non pochi dei quali si sentono nel frattempo traditi e abbandonati da Trump.
Il 6 gennaio, si erano diretti a Washington forti della loro fede in Trump e nelle sue false affermazioni secondo cui la vittoria elettorale sarebbe stata rubata. Erano animati dai tweet di Trump e dall’invito a proteste selvagge. Eppure, quando il loro idolo è stato costretto a tornare sui propri passi ed è venuta meno anche la vittoria attesa dai complottisti ai danni di un clan satanico a cui ritenevano appartenessero anche democratici di spicco, la delusione è esplosa.
Paura di uno zoccolo violento
Ira e frustrazione pervadono il partito di Trump, i Repubblicani, noto anche come Grand Old Party (GOP). «Non vedo l’ora che il GOP crolli completamente», scrive un estremista adirato sul servizio di messaggistica Telegram. «Dalle ceneri, emergerà un autentico movimento nazionalista.»
Jenkins, esperto di estremismo, teme che i vari gruppi estremisti e i sostenitori di Trump accecati dalla delusione possano ora riunirsi in un più ampio movimento nazionale. Tuttavia, è anche possibile che il movimento vada scemando e che, al contempo, rimanga uno zoccolo particolarmente determinato e violento.
A prescindere dagli ulteriori sviluppi, Jenkins ritiene si sia aperta una nuova fase. «In virtù degli avvenimenti dell’ultimo anno e, soprattutto, degli eventi a cui abbiamo assistito negli ultimi due mesi, siamo giunti in un nuovo territorio», spiega l’esperto. «Non è così semplice richiudere tutto in una scatola.»