Assalto al Capitol La procura attacca: «Bannon si riteneva al di sopra della legge»

SDA

20.7.2022 - 08:45

Stephen Bannon credeva di «essere al di sopra della legge» e per questo ha «deciso» di ignorare il mandato del Congresso a consegnare documenti e testimoniare: «il suo non è stato un errore, ma una scelta». 

L'ex stratega della Casa Bianca Steve Bannon, a sinistra, parla con i giornalisti mentre lascia il tribunale federale martedì 19 luglio 2022, a Washington. Ad accompagnare Bannon c'è il suo avvocato M. Evan Corcoran. Bannon, un tempo consigliere dell'ex presidente Donald Trump, è accusato di oltraggio al Congresso per essersi rifiutato per mesi di collaborare con la commissione parlamentare che indaga sull'insurrezione del 6 gennaio 2021 in Campidoglio.
L'ex stratega della Casa Bianca Steve Bannon, a sinistra, parla con i giornalisti mentre lascia il tribunale federale martedì 19 luglio 2022, a Washington. Ad accompagnare Bannon c'è il suo avvocato M. Evan Corcoran. Bannon, un tempo consigliere dell'ex presidente Donald Trump, è accusato di oltraggio al Congresso per essersi rifiutato per mesi di collaborare con la commissione parlamentare che indaga sull'insurrezione del 6 gennaio 2021 in Campidoglio.
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Lo ha affermato l'assistente procuratrice Amanda Vaughn nella seconda giornata del processo nei confronti dell'ex stratega di Donald Trump per oltraggio al Congresso.

La Vaughn ha spiegato ai giurati – nove uomini e cinque donne – come Bannon abbia infranto le regole di sua volontà perché non riteneva di doverle seguire come fanno invece i comuni cittadini.

Prove a carico «motivate politicamente»?

Una versione dei fatti che i legali dell'ex braccio destro di Trump hanno respinto seccamente. «Non ha ignorato» il mandato del Congresso a consegnare documenti o farsi sentire sul 6 gennaio, hanno spiegato.

Quando lo ha ricevuto stava «ancora negoziando» con la commissione di inchiesta sull'assalto a Capitol Hill, hanno osservato gli avvocati di Bannon invitando i giurati a chiedersi se le prove che saranno presentate nel corso del procedimento siano «motivate politicamente».

Bannon s'arrabbia: «è un processo show»

Bannon era presente nell'aula di tribunale e ha seguito con attenzione le dichiarazioni di apertura del processo, seguite alla scelta della giuria. Era calmo e si è confrontato in diverse occasioni con i suoi legali. Nelle pause ha estratto i suoi due cellulari e ha inviato messaggini.

Al termine dell'udienza però Bannon ha affermato furioso che «qualcuno della commissione sul 6 gennaio deve avere il coraggio di presentarsi qui e accusare qualcuno di un reato».

Quello della commissione di inchiesta «è un processo show»: «è scandaloso. Mi vergogno del Congresso che invia qui uno dei membri del suo staff quando invece dovrebbe esserci uno» dei leader della commissione «a presentare il caso e accusarmi», ha aggiunto fuori dall'aula del tribunale dopo che l'accusa ha chiamato come primo testimone Kristin Ameriling, componente dello staff della Camera.

Joe «Biden è un presidente illegittimo, Trump ha vinto e la metà degli americani crede a questo. Non si può governare un paese se non si è legittimi e questo è il perché nessun capo di Stato lo tratta con rispetto. Lo hanno fatto anche i sauditi. Abbiamo una crisi costituzionale in questo paese» e la commissione di inchiesta sul 6 gennaio «mi ha accusato di un reato. Abbiate il coraggio di venire qui e di dire perché mi accusate di un reato», ha sostenuto Bannon.

Bannon ha cercato in tutti i modi di evitare il processo

Accusato di oltraggio al Congresso per essersi rifiutato di testimoniare davanti alla commissione d'inchiesta sull'assalto del 6 gennaio a Capitol Hill, Bannon rischia da un minimo di 30 giorni fino a un massimo di due anni di carcere.

L'ex stratega di Trump ha sempre negato ogni responsabilità per l'attacco del 6 gennaio, pur vantandosi di essere «l'architetto ideologico» degli sforzi per ribaltare il risultato delle elezioni del 2020.

Fino alla fine ha cercato di evitare il processo, spingendosi fino a dichiararsi disponibile a testimoniare davanti alla commissione del 6 gennaio per raccontare, in un'udienza pubblica e trasmessa in diretta, la sua verità.