«Per mancanza di prove» Abuso di gruppo nel Luganese, una sola condanna, 2 assoluzioni

Swisstxt / red

27.10.2023 - 16:41

Dei tre imputati, accusati di aver abusato una ragazza a una festa nel Luganese, due sono stati assolti, il terzo condannato per violenza carnale quando è rimasto da solo con la giovane. Lo rende noto la RSI. Il giudice bacchetta le difese.

Immagine illustrativa d'archivio.
Immagine illustrativa d'archivio.
©Ti-Press / Gabriele Putzu 

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Due assoluzioni piene e una condanna parziale. È questo l’esito del processo a tre imputati accusati di abusi ai danni di una ragazza durante una festa campestre nel Luganese nel 2019.

I fatti sono stati divisi in due fasi: una prima nella quale erano tutti e tre presenti, ma solo in due avrebbero avuto rapporti con la giovane mentre il terzo faceva il palo, e una seconda fase in cui l’imputato principale è rimasto solo con la ragazza avendo ancora dei rapporti.

Già annunciato il ricorso

Per quanto riguarda la prima fase della serata tutti gli imputati sono stati assolti per insufficienza di prove: «Non possono essere condannati, perché non c’è prova che la vittima fosse inetta a resistere» ha spiegato il presidente della Corte Siro Quadri.

In merito alla seconda parte della serata, l’imputato principale è stato invece condannato a 30 mesi di carcere, di cui 24 sospesi e 6 da espiare, a cui va dedotta la ventina di giorni di carcerazione preventiva già subita.

L’uomo è stato condannato per violenza carnale, perché ha obbligato la vittima a un rapporto sessuale non consensuale e ponendola in una situazione senza via d’uscita. Il legale dell’imputato ha già annunciato il ricorso.

Il giudice Quadri bacchetta le difese

Prima di emettere la sentenza, il giudice ha duramente criticato le polemiche sorte durante il dibattimento dello scorso mercoledì, durante il quale i legali degli imputati avevano puntato il dito contro l’inchiesta condotta dal procuratore e anche sulla richiesta della corte di avere ulteriori prove.

Il giudice ha ritenuto le polemiche inutili e fuori dal contesto. «In aula si va – ha aggiunto – per stabilire la verità e non per criticare il sistema».

Un processo non privo di pecche

La sentenza chiude, come ricorda la RSI, un processo costellato da intoppi e critiche in aula all’operato della procura.

Tutto è partito quando lo scorso marzo il giudice Siro Quadri ha interrotto il dibattimento per chiedere di accertare con una perizia lo stato della presunta vittima la sera dei fatti. Un referto che, in realtà ha chiarito ben poco.

Mercoledì scorso si è poi tornati in aula per stabilire quanto accaduto nella notte tra il 19 e 20 luglio 2019. Per le difese si trattava di rapporti consenzienti e non, come sostenuto dall’accusa, di un vero abuso nei confronti della donna che, dopo aver bevuto, non sarebbe stata in grado di opporsi.

Il procuratore Zaccaria Akbas, giova ricordarlo, aveva chiesto la condanna dei tre a pene comprese tra i 20 mesi sospesi e i 36 mesi (18 dei quali da espiare).