Giustizia Aggressione alla Manor, la vita della giovane ricostruita in aula

Swisstxt

29.8.2022 - 14:30

Polizia fuori dalla Manor di Lugano dopo l'aggressione avvenuta nel novembre 2020.
Polizia fuori dalla Manor di Lugano dopo l'aggressione avvenuta nel novembre 2020.
Keystone / Ti-Press

Il legale della 29enne alla sbarra a Bellinzona ha ricevuto un messaggio intimidatorio, consegnato alla Corte del Tribunale penale federale. Ricostruita la vita della ragazza e l'aggressione. Nel pomeriggio parlerà uno dei periti psichiatrici.

29.8.2022 - 14:30

«Se fossimo in te annullerei subito il mandato». «Se non fermano il teatro il Tribunale verrà cancellato». «Ci conoscete tutti bene». Sono alcuni stralci di un messaggio ricevuto sul cellulare dall’avvocato difensore della 29enne in aula da questa mattina al Tribunale penale federale di Bellinzona, Daniele Iuliucci.

Uno scritto comprensivo di minacce e a tratti incomprensibile. Il messaggio, il cui mittente è ignoto, è stato consegnato alla Corte presieduta dalla giudice Fiorenza Bergomi, che lo consegnerà a sua volta alla polizia federale.

Il dibattimento comunque prosegue con l’interrogatorio dell’imputata. La donna, lo ricordiamo, è accusata di tentato assassinio e violazione della legge federale che vieta i gruppi Al-Qaida e Stato Islamico per aver aggredito due donne alla Manor di Lugano con un coltello il 24 novembre del 2020.

L'inizio del processo

Stando alla ricostruzione del processo fatta dalla RSI, la donna è apparsa tranquilla questa mattina. Ha parlato molto, rispondendo a tutte le domande della Corte.

Di nero vestita in aula si è presentata con una mascherina chirurgica e un cappuccio. Ci sono voluti diversi minuti perché si convincesse, su richiesta della giudice Fiorenza Bergomi, a toglierli entrambi. La giudice l’ha minacciata di sanzionarla se non lo avesse fatto.

Lei ha risposto di essere musulmana e quindi di non voler mostrare il capo; infine si è però convinta.

Ripercorsa la vita dell’imputata

Durante l’interrogatorio la giudice ha ripercorso la vita della 29enne e sono emerse una serie di difficoltà anche di carattere psichico. La ragazza ha frequentato scuole speciali, ha avuto disturbi alimentari, un matrimonio andato male e un bambino dato in adozione ai suoi genitori e poi l'invalidità.

S'è voluto indagare anche il movente jihadista dell’attacco per sapere se si sia trattato effettivamente di un’aggressione spinta dal fondamentalismo islamico. La donna ha dichiarato di essersi avvicinata all’Islam attraverso il marito (da cui oggi è separata) e si è convertita nel 2009. Dice di leggere tutt’ora il Corano.

È stata interrogata sui rapporti che ha intrattenuto in particolare con un uomo siriano via social per diversi anni, prima di compiere l’aggressione. Scambi che dalle prime battute in aula sono apparsi per la donna più di carattere sentimentale che religioso. «Ho voluto sedurlo», ha dichiarato parlando di uno dei suoi contatti.

La 29enne aveva anche tentato di raggiungerlo in Siria nel 2017 ma era stata fermata al confine turco (perché si era rifiutata di mostrare i documenti alla polizia) e rimandata in Svizzera. Non ha invece voluto chiarire se l’uomo gli avesse dato indicazioni per intraprendere il viaggio.

Ricostruita anche l'aggressione

A fine mattinata in aula è stata poi ricostruita l’aggressione del 24 novembre. L’imputata ha dato una versione dei fatti che rispecchia quella riportata nell’atto d’accusa.

Ha confermato quindi di aver preso il coltello del pane dal negozio e di aver assalito le due donne,  lo definisce «un attacco terroristico». «Volevo dimostrare che sono in grado anch’io di fare le cose» – ha dichiarato.

Ha ribadito in aula che è contenta di averlo fatto in nome di Allah e che lo rifarebbe ma in modo più articolato. Oggi pomeriggio è previsto l’interrogatorio di uno dei due periti psichiatrici.

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