Delitto di Muralto Delitto di Muralto, l'accusa chiede 19 anni e mezzo di carcere: «All'imputato interessano solo i soldi»

Swisstxt

21.9.2021 - 17:01

La polizia nel 2019 all’hotel La Palma au Lac di Muralto
La polizia nel 2019 all’hotel La Palma au Lac di Muralto
Keystone/Ti-press/Samuel Golay

Martedì è stato il secondo giorno di processo a carico del 32enne tedesco accusato di aver assassinato la compagna, una donna inglese di 22 anni, il 9 aprile del 2019 in una camera dell’hotel La Palma au Lac di Muralto.

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Per l'accusa, l'uomo deve essere condannato a 19 anni e 6 mesi di carcere per assassinio (e la revoca della sospensione di un'altra pena di 6 mesi per un totale di 20 anni), più l’espulsione dalla Svizzera per 15 anni.

Con una lunga requisitoria, durata quasi 6 ore, la procuratrice pubblica Petra Canonica Alexakis ha motivato la sua tesi, secondo cui la donna è stata assassinata da un uomo a cui interessano solo i soldi. «Il cosiddetto gioco erotico finito male non esiste; esistono gli omicidi e gli assassini».

E questo, secondo l’accusa, è appunto un assassinio con movente economico. Il 32enne ha ucciso perché era un uomo che viveva di apparenze e stava per essere scoperto. «L’imputato fingeva di avere del denaro, invece era un completo spiantato; un uomo senza casa e senza un lavoro».

La donna aveva capito qualcosa e forse aveva minacciato di lasciarlo

Sempre secondo l’accusa, quella notte la donna aveva capito qualcosa e forse aveva minacciato di lasciarlo. A quel punto, il 32enne, spaventato all’idea di non poter più permettersi la vita lussuosa che lei gli garantiva, l’ha strangolata. In due mesi di relazione, la donna aveva speso 60'000 sterline, circa 75'000 franchi.

Dopo averla strangolata l’uomo ha nascosto la sua carta di credito nella plafoniera dell’ascensore (per poi recuperarla in seguito); ha inscenato un rapporto sessuale e infine atteso le 6.30 del mattino per correre in ricezione (certo che in quel momento ci fosse qualcuno) e mostrare la sua disperazione.

Una ricostruzione dei fatti e della sua persona che il 32enne tedesco ha sempre contestato. L’uomo ha dichiarato agli inquirenti prima, in aula poi, che la donna è morta a causa di un incidente: a causa di un gioco erotico, l’asfissia, che i due avevano già praticato in passato e che quella notte era stata la stessa vittima a volere.

Affermazioni che secondo l’accusa sono «un castello di bugie. L’imputato sta scappando dalle proprie responsabilità, dalla brutalità del suo gesto costruendo un’altra realtà». La difesa prenderà la parola domani, mercoledì.

Un’inchiesta non semplice

L’inchiesta è durata 19 mesi ed è stata complessa per svariati motivi. La pubblica accusa ne ha elencati diversi: la presenza della sola vittima e dell’imputato nella camera; ma anche la pratica al centro del procedimento, l’asfissia erotica. Una pratica «sconosciuta ai più».

Lunedì, primo giorno di processo, il presidente della Corte il giudice Mauro Ermani aveva inoltre sottolineato una falla nell’inchiesta: a causa di alcuni errori nella prima fase della raccolta delle prove non è stato possibile stabilire l’orario del decesso della donna.