Diocesi di LuganoAlain de Raemy: «Un cammino di pace è possibile»
Swisstxt
24.12.2022 - 19:49
In occasione del Natale Alain de Raemy, ammistratore apostolico della Diocesi di Lugano, invita, intervistato dalla RSI, a scoprire «la bontà che c'è in ogni uomo».
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24.12.2022, 21:12
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Augurare buon Natale per iniziare a migliorare le cose. È l'auspicio dell'amministratore apostolico Alain de Raemy, chiamato a gestire la Diocesi di Lugano, scossa pure dalle dimissioni del Vescovo Lazzeri.
«Sono sorpreso di trovarmi qui, dice Raemy alla RSI, e la sorpresa continua tra chi non si aspettava la rinuncia del vescovo Valerio e poi l'arrivo di un vescovo dal nord. Tutti sorpresi, ma è bello trovarci con qualcosa in comune».
Con questo spirito, il romando ha iniziato ad ascoltare. «La realtà in Ticino è un grande mosaico e mi mancano ancora tanti pezzi».
Un pezzettino di questa realtà, è la disaffezione dei fedeli. Meno visibile in questi giorni di festa, ma poi le chiese torneranno a spopolarsi fino a Pasqua. «Non basta essere in chiesa e aspettare che la gente ci venga. Bisogna essere presenti nella società e andare dove la gente sta. Non aver paura di perdere tempo. Anche in un bar o in strada. Essere presenti, ma non solo il parroco. Tutti i cristiani hanno un dovere di testimonianza nel quotidiano».
Curia in difficoltà, finanziamenti da rivedere
Un 2022 difficile con la cronaca a riferire di comportamenti scorretti e malversazioni all'interno della Chiesa. E poi la penuria. Che tocca, tutti, cittadini e aziende alle prese con costi al rialzo. Anche la Diocesi di Lugano e le parrocchie sono costrette a fare i conti con bilanci in rosso.
«Mi sembra che siamo in un momento di transizione, dice monsignor de Raemy. Esisteva un modo economico di finanziamento che sta cambiando. Ci sono nuove realtà che possono essere sfruttate, ma non subito. Siamo in un periodo di transizione che sarà difficile, ma ci sono delle prospettive».
Un gesto verso chi ne ha bisogno
Generosità e accoglienza, l'hanno fatta da padrone nel 2022 ma non tutti i profughi beneficiano o hanno beneficiato in passato delle stesse attenzioni.
«Capisco che è più facile accogliere chi assomiglia più al nostro modo di essere e di fare. Quando arriva una persona con una cultura diversa è sempre una sfida più grande. Ma quando uno entra in questa sfida, vede che è anche a vantaggio nostro di accogliere diversità».
Se uno ha il privilegio di vivere il Natale in famiglia, «guardi al presepe e a quello che è accaduto. Per essere attento alle persone che proprio nel giorno della tradizionale festa non stanno in famiglia, non hanno famiglia, litigano, soffrono, sono in ospedale o in prigione, sono rifugiati. Tutto questo va percepito, per poi fare un gesto verso chi ne ha bisogno».
E là dove c'è sofferenza, un augurio può iniziare a cambiare le cose. «Quando uno fa gli auguri di Natale esce fuori il meglio di sé. È il momento per scoprire che nell'uomo c'è sempre una bontà da andare a ricercare. Per l'umanità c'è sempre la possibilità di trovare un cammino di pace».