«Continuare a vivere con il virus» «Criticare il Consiglio federale? Sarebbe troppo facile»

Anna Kappeler

29.9.2020

Oltre che per il divisorio in plexiglas, Fritz Haenni, conducente di autobus, è grato per una cosa: «Nella mia azienda nessuno è stato licenziato, tutti hanno mantenuto il posto di lavoro.»
Oltre che per il divisorio in plexiglas, Fritz Haenni, conducente di autobus, è grato per una cosa: «Nella mia azienda nessuno è stato licenziato, tutti hanno mantenuto il posto di lavoro.»
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Da ormai sei mesi, il coronavirus obbliga tutti a ripensare la propria quotidianità. Fritz Haenni, conducente di autobus, spiega perché è soddisfatto dell’uso dei divisori in plexiglas. E perché non ama dare colpe al governo.

«Sto bene, per fortuna. Sono preoccupato per l’aumento dei casi in queste ultime settimane, spero che non ci sarà un nuovo lockdown. Anche se in Svizzera nessuno potrebbe permetterselo. Il Consiglio federale non permetterà che si arrivi a questo punto. Io non ho paura, sono una persona molto pragmatica.

Lavoro a tempo pieno come conducente di autobus per i Trasporti pubblici di Friburgo (TPF). Per me la cosa più bella è vedere che la gente è tornata per le strade e sugli autobus. Non c’è paragone con i turni di notte durante i quali dovevo attraversare una città spettrale e deserta. No, non faceva per me. Per fortuna Friburgo non è più quella città di zombie.

Però sì, a volte, non ne possiamo più di questo maledetto virus. Anche se noi dipendenti dei Trasporti pubblici di Friburgo siamo stati fortunati: c’è stata una buona collaborazione con la direzione fin dall’inizio della crisi per il coronavirus.

Se dovessimo guidare con la mascherina, sarebbe più stressante

Per esempio, una settimana prima che il Consiglio federale imponesse l’obbligo di indossare la mascherina sui mezzi pubblici, per noi autisti avevamo già trovato una soluzione alternativa. Abbiamo fatto installare dei divisori in plexiglas su tutti gli autobus per proteggere i conducenti da un’eventuale infezione dei passeggeri. Guidare un autobus con la mascherina fa venire un mal di testa tremendo, è impossibile.

A proposito di Fritz Haenni
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Fritz Haenni, 57 anni, è conducente di autobus e lavora a Friburgo per i Trasporti pubblici (TPF). È anche presidente di sezione del Sindacato del personale dei trasporti (SEV).

Sono anche istruttore, e giustamente, come è logico, indossiamo la mascherina poiché tra noi non è possibile mantenere la distanza di sicurezza. Ecco perché so cosa significa guidare indossando il dispositivo. Soprattutto è un problema per chi porta gli occhiali, perché le lenti si appannano in continuazione.

Se bisognasse guidare con la mascherina, sono sicuro che l'atmosfera sarebbe diversa. Per adesso va bene così, ci arrangiamo.

Vedo cosa succede alla mia compagna che fa la parrucchiera. Lei e il personale devono indossare la mascherina tutto il giorno. È molto faticoso e, da quando ha iniziato, ha spesso mal di testa. Recentemente mi ha detto che manda spesso il personale a fare una passeggiata all’aria senza protezione.

«Mi fa piacere che i passeggeri rispettino l'obbligo di indossare la mascherina in autobus. Il ruolo del poliziotto, non fa per me.»

Mi fa piacere che i passeggeri rispettino l’obbligo di indossare la mascherina in autobus, anche se con qualche eccezione. Fare il poliziotto, non fa per me. In realtà ha sorpreso molto noi conducenti vedere con quanta facilità la gente si sia adattata. È successo tutto da un giorno all’altro, è davvero fantastico. Il controllo sociale sembra funzionare. Anche chi viaggia di notte si attiene alle regole in misura accettabile. Mi capita raramente di dover dire a qualcuno di mettere la mascherina.

Nella nostra azienda nessuno ha perso il lavoro

Sono grato per una cosa: nella nostra azienda nessuno è stato licenziato, tutti abbiamo conservato il nostro posto. Non è scontato. Persino i lavoratori appartenenti a categorie a rischio, in larga misura, hanno potuto riprendere a lavorare. Questo è dovuto al fatto che il Consiglio federale ha rimosso dalla lista alcune categorie a rischio, come le persone affette da diabete. Questa è una cosa positiva.

«Criticare a posteriori il Consiglio federale per il suo operato? No di certo. Sarebbe troppo facile, non sono il tipo.»

Oltre al mio lavoro di autista, sono presidente della sezione TPF del Sindacato del personale dei trasporti (SEV). Dalla fine del lockdown il lavoro non è affatto diminuito, anzi è aumentato. Attualmente al centro delle preoccupazioni ci sono le incertezze per il rientro dalle ferie. Io comunico alle persone se devono rispettare la quarantena e per quanto tempo, in base al luogo in cui sono state. Questo crea molti problemi. L’UFSP offre un valido sito per avere informazioni su questo tema ma è complicato sapere cosa si deve applicare esattamente.

Meglio vedere il bicchiere mezzo pieno

Io faccio parte di quelli che preferiscono vedere il bicchiere mezzo pieno, invece che mezzo vuoto. E per fortuna, visto che sono presidente di una sezione sindacale, altrimenti non potrei ricoprire questo incarico, non di questi tempi.

È vero però che in questo momento si tratta di lavoro. Dovremo convivere col virus ancora a lungo ed è per questo che sono abbastanza realista. Per le piccole attività commerciali è l’inizio della fine: molte persone comprano solo su internet, ed è davvero un problema. Questo comportamento non mi sembra sostenibile, vorrei che la gente qui avesse un modo di pensare più attento alla società. Conosco già abbastanza persone che hanno perso il lavoro in questo periodo.

Criticare a posteriori il Consiglio federale per il suo operato? No di certo. Sarebbe troppo facile, non sono il tipo. Il coronavirus era nuovo per tutti, ha messo tutti sotto pressione e abbiamo dovuto adattarci. Penso che il Consiglio federale e soprattutto il ministro della salute Alain Berset e la presidente della Confederazione Simonetta Sommaruga abbiano agito piuttosto bene.»

La serie «Vivere con il virus»

Sei mesi fa, il 16 marzo 2020, il Consiglio federale ha decretato un semi-lockdown; la Svizzera si è così ritrovata bloccata. Nelle settimane che sono seguite, l'allora «Bluewin», oggi «blue News», ha invitato diverse persone a parlare della loro nuova quotidianità in una serie di articoli con il titolo «Vivere con il virus». Ma cosa fanno oggi quelle persone? Una di loro si è di nuovo raccontata a «blue News».

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