Riflessione e commento Razzismo inconsapevole? «Oh no, non vogliamo una donna svizzera qui»

Di Michelle de Oliveira

25.6.2023

L'editorialista Michelle de Oliveira vive in Portogallo. È contenta che quando esce di casa nessuno dica: «Oh no, non vogliamo una svizzera qui, probabilmente mangia sempre raclette e fondue».
L'editorialista Michelle de Oliveira vive in Portogallo. È contenta che quando esce di casa nessuno dica: «Oh no, non vogliamo una svizzera qui, probabilmente mangia sempre raclette e fondue».
Keystone

Un'editorialista di blue News si imbatte spesso in comportamenti razzisti e commenti xenofobi. Ora ha deciso di non restare più in silenzio.

Di Michelle de Oliveira

Hai fretta? blue News riassume per te:

  • L'editorialista Michelle de Oliveira sperimenta ripetutamente comportamenti razzisti in Svizzera.
  • Ma è consapevole che, in quanto donna bianca eterosessuale, non abbia idea di come ci si senta quando una persona subisce il razzismo strutturale.
  • Tuttavia, ha preso la decisione di non accettare più dichiarazioni xenofobe senza dire nulla.

Il razzismo non esiste in Svizzera: lo si sente ripetere in continuazione. Ma quello che mi capita sempre più spesso è invece proprio di sperimentarlo. E c'è da dire che non torno spesso nel mio Paese. Ma quando rientro non mi godo solo la mia vecchia e bella patria, noto anche tanta xenofobia.

Recentemente ero seduta in un pub in campagna. Al tavolo accanto a mio c'erano delle persone che giocavano a carte e ridevano. Ho trovato la cosa accogliente e, a differenza di molti bar alla moda di Zurigo, era tutto molto rilassante... finché non mi hanno fatta arrabbiare molto.

«Oh, non credo sia più permesso dirlo»

Chi è Michelle de Oliveira
Michelle de Oliveira
Michelle de Oliveira

Michelle de Oliveira è giornalista, insegnante di yoga, madre, sempre alla ricerca dell'equilibrio, non solo sul tappetino. Ha anche un debole per tutto ciò che è spirituale. Nella sua rubrica, parla delle sue esperienze con l'inconcepibile, ma anche della sua vita reale con tutte le sue gioie e sfide. Da qualche tempo vive con la sua famiglia in Portogallo.

Improvvisamente ho sentito un cliente dire: «Ah, e ora sei tu il n****!».

Ho davvero trasalito. Nella mia bolla, questo termine semplicemente non esiste più. E a quanto pare era chiaro anche al giro di Jass, perché qualcuno ha detto: «Oh, non credo sia più permesso dirlo».

Il compagno di squadra ha subito ribattuto: «Proprio come per i Moretti, è assurdo!»

Ho pensato d'intervenire, richiamando l'attenzione sull'evidente razzismo. Ma poi mi son detta che sarebbe stato inutile. E così ho tenuto la bocca chiusa... rendendomi complice di un comportamento razzista.

«Ti rendi conto che è mega razzista?»

Giorni dopo ho vissuto un altro episodio simile. Un lontano conoscente mi ha detto che aveva venduto la sua casa «a una famiglia italiana».

Già a questa osservazione mi chiedevo perché fosse necessario specificare la nazionalità. Ma la cosa mi è stata chiara quando ha aggiunto: «E con gli italiani non c'è problema, sono stranieri ben integrati».

Sono rimasta a bocca aperta e, prima che potessi replicare, è passato oltre. Mi hanno poi detto che anche un indiano era interessato all'abitazione, «ma non vogliamo proprio una persona del genere in casa nostra».

Questa volta non sono stata zitta e ho detto: «Cosa vuol dire ‹con una persona del genere›? Ti rendi conto che questo è mega razzista?». E la risposta è stata: «No, non sono razzista. Non ho nulla contro gli indiani, ma immaginate quando cucina... poveri vicini». Ed ecco di nuovo emergere il razzismo, di cui non ci rendiamo conto nemmeno quando lo si mette in evidenza.

E per finire qualcun altro mi ha detto: «Non ho nulla contro i portoghesi, sono persone tranquille». Non come gli ‹-ic›". Ancora una volta non sapevo cosa rispondere. Dovevo forse esprimere gratitudine per il fatto che mio marito è stato definito un «buon straniero»?

Mi fa arrabbiare e mi rende incredibilmente triste

La cosa peggiore è che queste persone si credono anche particolarmente tolleranti quando fanno queste affermazioni. E spesso poi sono le stesse che possono anche permettersi di viaggiare in tutto il mondo.

«Sai, l'Asia è così eccitante, così bella, con questa meravigliosa cultura. E la gente che vive in modo così semplice, ma è così felice e così gentile». Ma poi non vogliono una famiglia indiana nel quartiere.

Mi fa arrabbiare e mi rattrista incredibilmente il fatto che si continui a ragionare per categorie e a inquadrare le persone semplicemente per la loro origine, il colore della pelle o il sesso.

Non voglio assolutamente essere arrogante. Come donna bianca, eterosessuale e svizzera, mi rendo conto di avere  tutti i privilegi dalla mia parte. E non ho quindi idea di cosa si provi a sperimentare il razzismo strutturale.

Io stessa probabilmente sono razzista senza nemmeno rendermene conto. Per questo mi sforzo ogni giorno di riflettere sul mio comportamento, di metterlo in discussione. Mi fa piacere quando altre persone attirano la mia attenzione su affermazioni che faccio o azioni razziste che compio.

In futuro non rimarrò più in silenzio

E ho deciso che in futuro non resterò più in silenzio quando gli altri si comporteranno in modo razzista e che sopporterò le persone che alzeranno gli occhi, scuoteranno la testa, mi liquideranno come ipersensibile, puntigliosa e stancante e mi diranno: «Oh dai, adesso non fingere».

In molti casi, probabilmente non servirà a nulla. Ma se ogni tanto stimolerà qualcuno a guardare al proprio comportamento in modo più critico, ne sarà valsa la pena.

Come svizzera che vive in Portogallo, anch'io sono una straniera. Sono incredibilmente felice che siamo riusciti a comprare una casa e che nessuno abbia detto: «Oh no, non vogliamo una donna svizzera qui, probabilmente mangia sempre raclette e fondue. Immaginate che puzza!».