Digitale & Lifestyle Prebiotici: migliorano il sonno, riducono lo stress

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18.3.2020 - 16:09

France, Midi-Pyrénées, Sarlat-la-Caneda. Leeks, Artichokes and garlic for sale in outdoor vegetable market.

When: 19 Aug 2015
France, Midi-Pyrénées, Sarlat-la-Caneda. Leeks, Artichokes and garlic for sale in outdoor vegetable market. When: 19 Aug 2015
Source: Covermedia

Anche se non possono essere digeriti, questi composti offrono un sostanzioso nutrimento al microbiota umano dell’intestino.

I prebiotici sono antistress. E pro-sonno. Così sostengono i ricercatori della University of Colorado Boulder, USA, secondo cui questi composti ricchi di fibre rappresentano un ottimo sostentamento per i miliardi di batteri presenti all’interno dell’intestino (microbiota umano).

«Il più grande beneficio è che questo tipo di fibra non serve solo per le feci e il passaggio attraverso l’apparato digerente», ha commentato Robert Thompson, leader dello studio. «I prebiotici offrono anche un enorme nutrimento ai batteri che vivono nel nostro intestino, creando una relazione simbiotica con il nostro corpo, e gli effetti sul cervello e sul comportamento sono potentissimi».

Lo studio si è basato sull’osservazione in laboratorio di giovani roditori maschi: ad un gruppo di cavie è stato dato del cibo infuso di prebiotici, all’altro no. Secondo i risultati, il gruppo dei prebiotici era in grado di trascorrere più tempo nella fase ristorativa del sonno, non REM (movimento oculare rapido), e dopo aver vissuto uno stato di stress, passavano più tempo nella fase REM, cruciale per il recupero del corpo dagli effetti dello stress.

I prebiotici si possono trovare anche sotto forma di supplementi, ma secondo la professoressa Monika Fleshner, non è ancora chiaro se questi sarebbero davvero benefici.

«Si tratta di molecole potentissime con effetti neuroattivi, e le persone devono agire con cautela», dice l’esperta.

Gli yogurt, alcune bevande e i cibi fermentati contengono probiotici, ma anche i porri, i carciofi, le cipolle, i cereali integrali e le lenticchie.

La ricerca è stata pubblicata nella rivista Scientific Reports.

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