Lifestyle Sbadiglio: perché è contagioso?

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1.12.2017 - 12:25

Newborn baby girl sleeping and yawning in her cradle.

When: 16 Sep 2015

When: 16 Sep 2015

**Only for use by WENN CPS**
Newborn baby girl sleeping and yawning in her cradle. When: 16 Sep 2015 When: 16 Sep 2015 **Only for use by WENN CPS**
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(Cover) - IT Fitness & Wellbeing - Sbadigliare è normalissimo se siamo stanchi, annoiati o affamati. Ma come mai, pur non avvertendo nessuna di queste sensazioni, ci basta vedere qualcuno che sbadiglia per essere immediatamente travolti dalla voglia di farlo anche noi? Un team di ricerca presso l’Università di Nottingham, nel Regno Unito, pensa di avere la risposta.

Innanzitutto si tratta di un vero e proprio «contagio», scatenato da alcuni riflessi del cervello in una regione chiamata corteccia motoria primaria (M1), che controlla direttamente l'esecuzione dei movimenti.

Lo sbadiglio, inoltre, viene provocato involontariamente quando vediamo gli altri farlo per una particolare caratteristica degli esseri umani chiamata «ecofenomeno», cioè la tendenza ad imitare spontaneamente i gesti effettuati dalle altre persone.

Per il loro studio i ricercatori hanno preso in considerazione 36 partecipanti a cui è stato mostrato un video di persone intente a sbadigliare. I ricercatori hanno contato gli sbadigli di ciascuno dei volontari, e anche quelli forzatamente trattenuti. L’abilità di sopprimere uno sbadiglio dopo aver visto un’altra persona sbadigliare è assai limitata e diventa particolarmente difficile nel caso in cui alla persona in questione venga detto di non farlo.

Questo studio è utile al fine di esplorare maggiormente l’ecofenomeno, associato ad una vasta gamma di condizioni tra cui l’epilessia, la demenza, l’autismo e la sindrome di Tourette.

«La nostra ricerca dimostra che il bisogno “urgente” di ripetere l’azione vista agli altri è amplificato dalla volontà di trattenerci. Attraverso una stimolazione elettrica siamo stati in grado di aumentare questa tendenza ad essere contagiati», ha spiegato la dottoressa Georgina Jackson. «Nel caso della sindrome di Tourette, se potessimo ridurre questa eccitabilità, saremmo in grado di ridurre anche i tic della persona che ne soffre, ed è su questo che stiamo lavorando al momento».

I risultati dello studio sono stati pubblicati nella rivista scientifica Current Biology.

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