Il documentarioDa Castro a Maradona, ecco la carriera del giornalista scomparso Gianni Minà
SDA
26.6.2023 - 15:30
«Ho fatto il giornalista per perdere la timidezza e sono capitato anche io nell'epoca dove tutto sembrava avere due anime, tre anime, una forza interiore». Lo diceva Gianni Minà, il giornalista italiano scomparso a marzo, in un'intervista concessa all'Istituto Luce.
26.06.2023, 15:30
26.06.2023, 15:41
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«Io so di avere partecipato alla stagione più bella che nell'ultimo mezzo secolo ha avuto la società italiana», aggiungeva Minà.
Ora il suo straordinario percorso professionale, che l'ha portato a incontrare, raccontare e spesso diventare amico di personaggi come Fidel Castro, Papa Francesco, Diego Armando Maradona e Pietro Mennea, Mohamed Alì e il Dalai Lama, Martin Scorsese e Sergio Leone, passando per i Beatles, Garcia Marquez, Massimo Troisi, Marco Pantani e il subcomandante Marcos, è protagonista in «Gianni Minà – Una vita da giornalista» il documentario firmato dalla moglie del giornalista, Loredana Macchietti.
Prodotto da Format con Rai Cinema, con il contributo del Ministero della Cultura italiano e con il sostegno di Film Commission Torino Piemonte – Piemonte DocFilm Fund e distribuito da Zenit Distribution, il film non fiction aveva debuttato l'anno scorso al Bif&st dove l'autrice aveva ricevuto per il marito anche il premio alla carriera.
«Ho scelto le cose che mi divertivano»
«L'idea di questo lavoro è nata insieme, da una festa alla Casa del Cinema di Roma nel 2008 con tutti i suoi amici per i cinquant'anni della sua professione – ha spiegato Macchietti, a lungo collaboratrice del giornalista –. Mi ha chiesto di scrivere un copione sulla sua vita professionale, montato con lo stile di Minà. La cosa più difficile è stata scegliere tra ore e ore di teche Rai e di nostro materiale che stava in magazzino e non era stato mai visto. Ho scelto le cose che mi divertivano, è un po' un dietro le quinte, un po' la storia del giornalismo e della televisione dagli Sessanta ai giorni nostri, perché io non volevo raccontare solo lui, ma l'evoluzione o l'involuzione del giornalismo».
Si passa per 60 anni di carriera, attraverso il racconto fatto in prima persona dal protagonista e con il contributo di colleghi come Gennaro Carotenuto e Giuseppe De Marzo, il magistrato Nino di Matteo e Alessandra Riccio (scomparsa a maggio) e soprattutto con quello degli amici di sempre, come Renzo Arbore e Edoardo Vianello.
Ma sono tante le voci che testimoniano lo straordinario rapporto che Minà instaurava con coloro che raccontava, da Pietro Mennea a Maradona, da Sepulveda a Tommie Smith, il velocista americano medaglia d'oro ai Giochi Olimpici del '68, che insieme al compagno di squadra John Carlos, diede vita a uno dei più clamorosi gesti di protesta della storia delle Olimpiadi.
Un viaggio da Torino a Roma
Il viaggio del documentario nella vita di Minà parte dalla sua città Torino, dov'era nato il 17 maggio 1938, la sua Torino, dove il giornalista inizia nel 1959, a lavorare per Tutto Sport (del quale sarà decenni dopo anche direttore, dal 1996 al 1998) e dove nasce il grande amore per la squadra Granata, passione di tutta la famiglia Minà.
Si prosegue con il suo arrivo a Roma, dove il giornalista si trasferisce quando comincia a lavorare per la Rai a cui rimane sempre legato. In Rai crea alcuni dei programmi che hanno fatto la storia della televisione italiana, come Blitz e Alta Classe e racconta una serie ininterrotta di grandi eventi sportivi, come i Mondiali di calcio e le Olimpiadi, oltre a innumerevoli incontri di pugilato, tra cui quello tra George Foreman e Mohamed Alì, che lo accolse addirittura nello spogliatoio.