Lo psicologo dello sport Steve Pope è assillato da continue telefonate di calciatori che faticano alquanto senza lo sport. Molti sono a rischio di darsi all'alcool, al gioco d'azzardo e alle droghe.
Steve Pope non è un nome conosciuto, almeno non lo era più di tanto fino all'insorgere dell'emergenza legata al coronavirus.
Da alcuni giorni invece il telefono dello psicologo inglese non smette di suonare. A chiamare sono decine e decine di calciatori inglesi che si trovano in grossa difficoltà trovandosi a casa, senza la possibilità di allenarsi, senza poter assecondare il bisogno di trovarsi in mezzo al campo con la folla che li incita.
La mancanza della folla
«I calciatori, in special modo i più famosi, hanno il bisogno di giocare davanti alla folla», asserisce Pope.
I calciatori seguono dei regimi di allenamento molto rigidi che li preparano alla partita successiva. Oggi, nel tempo del coronavirus, questi piani sono stravolti: non ci sono allenamenti, non si sa quando si giocherà la prossima partita. Non c'è la partita.
Tratti ossessivi
«Hanno forti tratti ossessivi - continua Pope - continuano a fare le stesse cose, giorno dopo giorno: la vita senza queste routine non è più la stessa».
Il caso Gascoigne
Steve Pope ha lavorato a lungo con l'ex stella del calcio inglese Paul Gascoigne, da anni alle prese con problemi di dipendenze.
«Quando giocava alla Lazio - racconta la psicologo inglese - mi approcciò dicendomi che la gente non può capire come un famoso calciatore si può sentire quando arriva a casa, solo, dopo aver giocato davanti a sessantamila spettatori».
Per Gascoigne - e tanti altri come lui - la partita della domenica rappresentava il mezzo legale per soddisfare la sua dipendenza, per raggiungere il picco di piacere, quella scarica di adrenalina che dà i brividi.
«Quando invece si trovò confrontato con la noia e l'ansia del non saper cosa fare, cercò di soddisfare il bisogno di brividi in maniera meno salutare e legale.»
Lo spazio vuoto
Le grandi star - del calcio in questo caso - nutrono il loro bisogno di adrenalina con il fatto di essere al centro dell'attenzione, con lo sforzo nel battere il proprio avversario di turno, con il sigillo di una rete o con un salvataggio che strappa applausi e consensi. «Se gli togli questo - continua Pope - gli togli la routine giornaliera e molti finiscono in una spazio vuoto».
Secondo il professionista inglese gli sportivi più famosi possono essere paragonati a dei dipendenti da sostanze: se gli manca quella abituale ne cercheranno un'altra.
Vediamo in questi giorni molti sportivi che si danno alla cucina, che continuano ad allenarsi in casa come possono. Altri invece si trovano persi e per i club è difficile aiutarli in tal senso.
Pope collabora con il Manchester United, il Burnley, i Rangers, il Preston, Dundee e Fleetwood. I suoi clienti sono calciatori che hanno problemi di alcol, di droghe, che si danno al gioco d'azzardo, che cadono in ansie e depressione. Problemi preesistenti, che in questi giorni non fanno altro che esacerbarsi.
«Da quando le autorità hanno fermato le partite e gli allenamenti il mio telefono non smette di suonare», ammette Steve Pope.
I più celebri e ricchi
«I giocatori di Premier League hanno tanti soldi e dunque l'aspetto economico non li preoccupa. Gli manca però disperatamente l'aspetto dell'essere al centro della scena, la performance, e dunque alcuni cercano il brivido nelle maniere più distruttive».
«Un giocatore mi ha chiamato l'altro giorno dicendomi che, disperato, è finito a dormire con la sorella della moglie.»
Debolezza mentale
Secondo Pope molti giocatori hanno una debilitante debolezza mentale. «Gli vien detto quando allenarsi, cosa mangiare, dove andare e come giocare». Tra i più celebri vi sono già sintomi di depressione, forti segnali di ansie.
I meno famosi e meno pagati
Poi ci sono coloro che giocano nelle leghe sotto la Premier League, un esercito di sportivi preoccupato per il futuro.
«Ho 33 anni, ho appena cambiato squadra ma non avrò la possibilità di dimostrare cosa posso fare. Cosa succederà l'anno prossimo? Come potrò guadagnarmi da vivere?».
Secondo Pope anche i calciatori professionisti che giocano in leghe minori vivono delle realtà in bolle di sapone. «Alcuni di loro hanno pure espresso dei pensieri suicidi».
Questo momento di difficoltà e di pausa forzata può servire a molti per riflettere su aspetti della vita che forse vanno rivisti, smussati o magari radicalmente cambiati.
Momenti non facili, anche per chi, vive un popolarità e un benessere economico a volte invidiato.