Polemiche sul futuro della Serie A C'è chi vuole assolutamente proseguire e chi non ci sta

bfi

3.4.2020

Getty

Mentre il coronavirus non continua a flagellare l'Italia, si discute animosamente se e quando riprendere il campionato di Serie A.

La Uefa ha già messo sul tavolo delle ipotesi in merito alla ripresa dei vari campionati nazionale e alla continuazioni delle Coppa europee di calcio. 

Il governo italiano intanto, toccato molto duramente dalla pandemia che sta affliggendo l'intero globo - l'Italia registra ad oggi 13'155 morti - ha fatto sapere a chiare lettere che fino al 13 aprile, almeno, non ci si potrà allenare.

«Terminare il campionato di Serie A è la priorità assoluta» 

La Serie A, dal canto suo, ha in programma una nuova assemblea per cercare di definire in quale direzione procedere.

Il presidente della FIGC (Federazione Italiana Giuoco Calcio), Gabriele Gravina, ha espresso chiaramente le priorità della federazione che rappresenta.

«La priorità assoluta è la conclusione dei campionati. L'ipotesi è partire dal 20 di maggio o i primi di giugno, per finire a luglio. Si parla addirittura di agosto e settembre, io ho precisato che mi dispiacerebbe correre il rischio di compromettere un'altra stagione per salvare questa.»

Ma se le cose non dovesse poter andare in questa direzione e vi fosse il bisogno di terminare definitivamente questa stagione?

«Bisognerebbe allora decidere se assegnare o meno lo scudetto della stagione 2019-2020. - Continua il presidente, che però aggiunge -  La Juventus ha fatto sapere di non gradire l'assegnazione d'ufficio dello stesso.»

Chi non ci sta

Alcune società di Serie A hanno già espresso il loro disaccordo per una ripresa del campionato che dovrebbe, in tal caso, terminare oltre il 30 giugno. 

La voce più forte, sul fronte dei contrari, è quella del presidente del Brescia Massimo Cellino: «Questa stagione non ha più senso - ha dichiarato Cellino alla Gazzetta dello Sport. - Ci siamo fermati, nessuna squadra tornerà come prima, gli stadi a porte chiuse, in più c'è il rischio per la salute degli atleti. Per me tornare all'attività è una pura follia. Se ci costringono sono disposto a non schierare la squadra e perdere le partite 3-0 a tavolino per rispetto dei cittadini di Brescia e dei loro cari che non ci sono più.»

Il presidente del Brescia - una delle città più colpite d'Italia, con un numero di morti superiore alle 1'200 unità - non usa mezzi termini per sfogare il suo disappunto e la sua rabbia: «Chi decide (a livello nazionale -FIGC - e europeo - UEFA- n.d.r.) è un gruppo di persone arroganti e irresponsabili: pensano solo ai loro interessi economici e alle Coppe.»

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