Ferenc Puskas è stato il più grande calciatore ungherese di sempre, un genio del pallone che ha illuminato il Real Madrid e ha affascinato i tifosi svizzeri nel 1954.
«Ricordo, da piccolo, ascoltando la radio di mio padre il nome Puskas. Lo vidi poi a Madrid e ne ricordo l'intelligenza e il suo piede sinistro». Questi sono i ricordi di Pelé, il più grande calciatore di sempre, secondo molti.
Gli ungheresi hanno un opinione diversa in merito. Per capire la grandezza del personaggio in patria basta pensare che in occasione del suo funerale - 2006 - il Paese si fermò, lo stadio nazionale a lui dedicato era colmo di gente comune desiderosa di dare l'ultimo saluto al proprio eroe. Puskas riuscì nell'intento di fare ciò che né la storia né tantomeno la politica o l'economia sono mai riusciti a fare: far conoscere l'Ungheria ai quattro angoli del globo.
Uno strumento del governo comunista ungherese
Dopo aver segnato 50 reti in una stagione con la formazione dell'Honved, il governo comunista ungherese decise di approfittare del suo talento per propagandare la propria ideologia marxista-leninista. Un talento di tanto splendore che il mondo occidentale poteva solo sognare.
La straordinaria nazionale ungherese
Era il 1950, quando invitata a Londra, la nazionale ungherese annichilì gli inglesi, strapazzando la Nazionale di Sua Maestà con il risultato finale di 6-3. Gli inglesi non potevano credere ai loro occhi: uomini venuti da est, sconosciuti e guidati dal maggiore Puskas sembravano dei marziani, eccellevano nel gioco da loro inventato. Gli ungheresi sfoggiarono geometrie di gioco e una naturalezza che non aveva precedenti. Il numero 10, cucito sulla maglia di Ferenc Puskas, era capace di scrivere poesie in mezzo al campo, serviva i compagni Zoltán Czibor, Sándor Kocsis con dei lampi di genio; loro facevano il resto con altrettanta bravura.
Mondiali in Svizzera del 1954
Ai Mondiali di calcio giocati in Svizzera la nazionale ungherese di Ferenc Puskás non era più una sorpresa. Nelle due partite di qualifiche del girone i magiari diedero sfogo alla loro fantasia e ad una moderna organizzazione di gioco: la Corea del Sud fu schiantata con il risultato di 9-0, mentre la Germania dell'Ovest, umiliata, fu trafitta per ben otto volte. Nel corso di quest'ultimo incontro Puskas venne ferito e ritornerà in campo solo in occasione della finale.
Le vittime prescelte della squadra magiara nei quarti di finali e nelle semifinali furono due formazioni sudamericane: il Brasile e l'Uruguay vennero annientato entrambe con un perentorio 4-2. In finale, Puskas e compagni incontrarono di nuovo la Germania dell'Ovest, che nel frattempo li aveva studiati a fondo con l'intento di carpirne i segreti.
A Berna, il 4 luglio del 1954, dapprima Puskas e poi Czibor portarono la loro Nazionale in doppio vantaggio e i destini di quella Coppa del Mondo sembravano ormai segnati. Ma i tedeschi, popolo caparbio e capace nell'imparare dalla storia, rimontarono, segnando la rete della vittoria a sei minuti dal termine della sfida. Quattro minuti più tardi fu ancora Puskas a regalare l'ultimo brivido al pubblico testimone dell'unica finale di Coppa del Mondo giocata su suolo elvetico segnando una rete annullata per fuorigioco. La Coppa andò ai tedeschi, l'Ungheria delle meraviglie fu piegata.
Il Real Madrid di Puskas e Di Stefano
Puskas era una stella di grandezza globale che nonostante le pressioni del suo governo lasciò l'Ungheria per trovare fortuna in Spagna, al soldo di quel Real Madrid con il quale giocò 180 partite mettendo a segno 150 reti. Il maggiore ungherese fece la fortuna dei blancos, che con lui a dettare il gioco e l'argentino Alfredo Di Stefano a far da terminale offensivo, conquistarono 5 campionati nazionali e 3 Coppe d'Europa, il trofeo poi denominato Coppa dei Campioni e oggi Champions League.
L'immortalità
La FIFA, tra gli altri onori, gli ha dedicato un trofeo, il Ferenc Puskas Award, consegnato annualmente al calciatore che mette a segno la rete più bella.
«Di tutti noi lui era il migliore - disse l'attaccante Hidegkuti, ex comagno di nazionale di Ferenc Puskas - se c'erano mille soluzioni per calciare il pallone, lui trovava la milleunesima».
L'aneddoto che non può descrivere l'ex numero 10 ungherese nella sua interezza ma che ne racconta in parte il suo straordinario talento, arrivò dal genio-maledetto George Best, che Puskas allenò in seno ad un camp organizzato per giovani talenti del calcio europeo .
«Eravamo un gruppo di ragazzini che si faceva scherno di quel coach un poco in sovrappeso. Un assistente ci chiese quante volte l'allenatore avrebbe colpito la traversa in dieci tentativi. Molti di noi dissero meno di cinque, io dissi dieci. Il vecchio e grasso coach avanzò, depositò il pallone e colpì per nove volte di fila la traversa. Poi, in occasione del decimo tentativo, alzò la palla in aria, la palleggiò prima con una spalla e poi con l'altra, gli arrivò sulla testa, se la fece scivolare sul tallone e infine la calciò dritta la traversa. Rimasero tutti in silenzio per un po', poi uno mi chiese chi era quell'uomo: 'Per te, lui è il Signor Puskas».
Un signore del calcio dall'umile sorriso. Un genio del pallone che oggi rivive solo grazie ai libri di storia, alle poche immagini di quegli anni.
Se il presente è figlio del passato, Messi, Maradona e Zidane esistono anche grazie a quel signore ungherese, nato il 2 aprile del 1927.