Dentro Mattia Croci-Torti «Un giorno forse dovrò cambiare lavoro... ma mi sono sempre arrangiato»

Igor Sertori

15.10.2019

Mattia Croci-Torti 
Mattia Croci-Torti 
Getty Images

Domenica il suo Lugano scenderà in campo in casa contro il Sion per la prima di campionato. In un'intervista esclusiva abbiamo incontrato l'uomo che si cela dietro l'allenatore dei bianconeri. 

Igor Sertori

La tua passione per il calcio è nata per le strade di Vacallo, sui campetti delle scuole. Secondo te questo mondo oggi c'è ancora?

Se mi guardo in giro, a Vacallo dove vivo tutt'ora, vedo ancora i bambini giocare sui campetti delle scuole, come si faceva anni fa, è lì credo che nasca la vera passione. Ciò che mi sembra sia cambiato, e molto, è il progresso tecnologico. Telefonini e tablet credo abbiano tolto spazio, spensieratezza e una certa libertà ai nostri bambini e ragazzi. Se una volta arrivavi tardi gli altri iniziavano a giocare, oggi invece, ti arriva un messaggio.

Tu hai avuto un allenatore papà. Cosa deve essere un allenatore?

Il ruolo dell'allenatore comprende tante sfaccettature, specialmente nel calcio professionistico. Devi essere un leader, un tecnico che trasmette competenze, una persona che deve capire con chi ha a che fare, deve saper parlare, deve essere, a volte, anche la persona con cui il giocatore deve potersi sfogare. L'essere allenatore insomma esula dalle sole competenze tecnico-tattiche e sono convinto che l'aspetto relazionale sia il più importante.

Recentemente José Mourinho ha asserito che «per essere un buon allenatore, la cosa più importante è che le persone ti seguano, e per seguirti, devono credere in te. Di solito, credono in te se si sentono comprese e sei tu sei onesto».

La sincerità è la cosa più importante. Non devono esserci cose in sospeso, tutti devono sapere che ruolo hanno in squadra come in famiglia. La sincerità è alla base di ogni rapporto. Penso che è sempre meglio essere sé stessi che copiare qualcun altro, così sei sicuro che se sbagli è per delle tue decisioni e non per quelle di altri.

Tecnica, tattica, atletismo, relazioni, libertà di movimento, disciplina… potresti ordinarle secondo il tuo metro d'importanza?

L'aspetto relazionale credo sia il più importante nello sport d'élite. La disciplina è però fondamentale per far sì che tutto funzioni.

L'indimenticato Carlo Mazzone, una volta disse: «Sono orgoglioso di essere un grande professionista, magari non un grande allenatore, ma certamente un professionista e un uomo perbene».

La famosa corsa di Carlo Mazzone verso la curva dei  tifosi dell'Atalanta
La famosa corsa di Carlo Mazzone verso la curva dei  tifosi dell'Atalanta
Getty Images

Mi reputo una persona e un professionista che cerca sempre di trovare un equilibrio nel mondo in cui vive. Viviamo in un mondo dove ci sono tantissime belle cose, ma anche mari pieni di squali. Bisogna saperci sguazzare in queste acque, per sopravvivere, rimanendo sé stessi. Non parlo di compromessi, penso più che altro al sapersi adattare alle situazioni. Bisogna sempre lavorare, aggiornarsi, essere sempre sul pezzo insomma.

Adattarsi anche all'insicurezza di questo tuo ruolo?

Bisogna ancorarsi al presente, al lavoro.

Cosa fai per sciogliere le tensione dei pre-partita?

Quando arrivo all'allenamento finale, tutti sanno già cosa devono fare, chi e che ruolo giocherà il giorno dopo. I dubbi devono già essere dissipati, le scelte sono già state prese... questo mi aiuta a rimanere tranquillo.

Nella già storica finale di Berna siete riusciti a generare delle forti emozioni collettive, indimenticabili per chi al Wankdorf c'era.

Per il percorso di Coppa avevamo deciso di aprire le porte degli spogliatoi alle telecamere, con l'intenzione di comunicare cosa provavamo e dunque dare la possibilità a tutti far conoscere le nostre emozioni. In Coppa l'aspetto nervoso è fondamentale, devi essere più pronto dell'avversario, ci si gioca tutto in una partita secca.

In cuor mio sapevo che senza l'aiuto dei tifosi non ce l'avremmo fatta. Volevo coinvolgere più gente possibile nel nostro viaggio, sapevo quanto importante è il sostegno dei nostri tifosi. Lo vedi ogniqualvolta ti trovi a giocare fuori casa in una stadio pieno di gente che sostiene la propria squadra. Noi abbiamo retto la pressione e l'abbiamo trasformata in energia positiva, sul campo e sugli spalti.

Le migliaia di tifosi bianconeri in marcia verso il Wankdorf di Berna per assistere alla finale di Coppa tra Lugano e San Gallo.
Le migliaia di tifosi bianconeri in marcia verso il Wankdorf di Berna per assistere alla finale di Coppa tra Lugano e San Gallo.
KEYSTONE

Se non avessi fatto l’allenatore cosa avresti fatto nella vita?

Sognavo di fare il docente di educazione fisica, non ci sono riuscito, ma sono arrivato da altre parti. Non vedo la mia professione presente come un qualcosa di definitivo. Quello che faccio ora cerco di farlo nel migliore dei modi. Non ho problemi nel pensare che forse un giorno dovrò fare altro... mi sono sempre arrangiato: c'è stato un periodo in cui stendevo il parquet sui pavimenti.

L'importante, secondo me, è alzarsi la mattina contento per il lavoro che fai, o in alternativa, devi sapere che nel tempo libero puoi divertirti con la famiglia o grazie ad altre passioni. Lo so, in questo mondo del calcio... oggi ci sei, e domani non ci sei più.

Hai voluto Carlo Ortelli come tuo assistente. Perché proprio lui?

Cao (Ortelli ndr.) è una persona a cui sta molto a cuore il club, che può portare ricordi ed esperienze. Credo che lui incarni al meglio i valori del FC Lugano. Ha delle competenze tecniche che gli sono riconosciute, ma il fatto che a ogni giocatore lui possa spiegare e ricordare cosa significa giocare per questo club per me è importantissimo. So con quanta passione avrebbe vissuto questo lavoro e quanto sarebbe riuscito a trasmetterla ai giocatori.

Mattia Croci-Torti (destra) e Carlo Ortelli, il suo assistente.
Mattia Croci-Torti (destra) e Carlo Ortelli, il suo assistente.
KEYSTONE

Sembra che la tua latinità e il pragmatismo della nuova gestione siano un alchimia vincente.

Certo, sono nato a due passi dal confine e mi sono sempre più orientato a modelli di riferimento più italiani. La nuova struttura gestionale è certo più nordica. È un mix che trovo interessante. In questo nostro contesto funziona.

Tu e la nuova società avete rinvigorito la passione dei luganesi per il il club...

È una società che si rivolge molto allo sviluppo dell'area societaria, puntando molto sull'aspetto legato al marchio 'FC Lugano', meno all'aspetto affettivo, o al gioco in campo. Per questo ci sono io.

Il patron del Lugano Joe Mansueto sulle rive del Ceresio.
Il patron del Lugano Joe Mansueto sulle rive del Ceresio.
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A proposito di affetti: come li gestisci con persone che vanno e vengono, e con le quali si instaurano anche rapporti più profondi, magari?

Ho sempre giocato a calcio o allenato da quando avevo 17 anni. Fa parte del gioco l'andirivieni di uomini. Posso dire di avere tante conoscenze, e qualche amico. In questo mondo si sa che c'è un inizio e una fine. Cerco di dare il massimo per il periodo in cui mi è chiesto di farlo. C'è gente che mi saluta ancora con piacere, altri che mi ignorano. Bisogna prenderne atto e andare avanti.

Qual'è il tuo obiettivo sportivo per la prossima stagione?

Far sì che possiamo giocarci ogni partita, cercando di fare del nostro meglio. Non possiamo pensare di fare voli pindarici perché non ne abbiamo la forza. Darci un obiettivo sarebbe sbagliato. Non sarà un inizio facile perché sono cambiate tante, tante cose.

Tanti partenze e arrivi...

Certo, bisogna dimenticare il passato, abbiamo tanti nuovi giocatori, una squadra molto diversa da quella vista la scorsa stagione. Ci sono automatismi e relazioni da costruire.

Mattia Croci Torti a colloquio con il nuovo arrivato Ousmane Doumbia.
Mattia Croci Torti a colloquio con il nuovo arrivato Ousmane Doumbia.
KEYSTONE

Credi che il campionato svizzero abbia ancora margini di miglioramento rispetto agli altri campionati europei?

Ci sono nazioni che grazie ai diritti tv sono delle superpotenze. Per le nostre squadre è difficile competere fuori dai confini nazionali. Abbiamo credo raggiunto un buon livello di seconda fascia in Europa. Se guardo al numero di spettatori che seguono il calcio in Svizzera credo che dobbiamo essere soddisfatti... ma come detto, per questioni economiche non credo vi possano essere grossi margini di miglioramento rispetto agli altri Paesi.

Per chiudere con leggerezza...

Preferisresti allenare Messi o giocare con le vecchie glorie del Barcellona?

Allenare Messi. Non ho più voglia di giocare al pallone.

Baggio o Messi?

In Baggio c'è tanto romanticismo ma sicuramente Messi ha fatto qualcosa in più.

Se potessi portare solo tre cose su un isola deserta cosa porteresti?

Non ho bisogno di oggetti... porterei alcuni amici e un paio di scarpe per camminare.