L'attaccante di Zugo e della nazionale ceca ha detto di rinunciare ai prossimi Mondiali, rivelando il perché di tale scelta. Un racconto che va ad ingrandire l'impresa epica dello Zugo.
All'epica impresa dello Zugo, capace di ribaltare la serie finale a suo favore dopo essere stato sotto per 3-0 contro lo Zurigo, si aggiunge un'altra storia, dopo quella già raccontato dell'allenatore Dan Tangnes , e il 'Chübli', andato in pezzi durante i festeggiamenti.
Il maniscalco
'Il maniscalco', così Jan Kovar è soprannominato in patria. Il nome ricorda quelle figure imponenti, per certi versi rozze, davanti alla fucina dove il calore potrebbe togliere anche il sorriso, lì a martellare il ferro per dargli una nuova vita, cambiarne la forma e trasformarlo in un'opera d'arte. Un lavoro di fatica, quello del maniscalco, che separava i veri artisti, duri come il metallo che lavoravano, da chi aveva mollato dopo i primi calli, i primi caldi.
Sul fatto che Jan Kovar sia un artista sul ghiaccio non ci sono dubbi, ora possiamo affermare che è duro come il ferro.
La rinuncia ai Mondiali
Al sito online della Repubblica Ceca isport.cz, il 32enne di Pisek ha detto, a malincuore, di voler rinunciare alla partecipazione agli imminenti campionati del Mondo.
«Non sarebbe giusto verso i compagni di squadra e tutto lo staff imbottirsi di pillole quando non sono completamente in forma; fa ancora male», ha detto il centro dello Zugo.
L'undicesima costola rotta
Ed ecco che una semplice intervista si trasforma in un racconto da inserire nella serie: «L'epico Zugo di Dan Tangnes».
Il centro ha infatti rivelato di essersi ferito ad una costola in occasione della prima gara della serie finale contro lo Zurigo. «Ho ricevuto un bastone alto sul naso, quindi ho perso l'orientamento e sono caduto, rompendomi l'undicesima costola».
«Fortunatamente - ha continuato Kovar - ero in grado di respirare, ma faceva un male terribile».
Sette gare disputate, nonostante tutto
E dunque?
«Ho giocato grazie a degli antidolorifici», ha spiegato il neo campione svizzero. Sette gare durissime, di finale, giocate con una costola rotta.
Ecco uno dei motivi perché lo Zugo è riuscito a girare una serie che sembrava persa: se il capitano della squadra - e casco giallo - scende in campo ogni partita con una costola rotta, il messaggio è chiaro: non si molla, mai.
Così, 'il maniscalco' è rimasto al suo posto, nella caldo intenso del dolore, e colpo dopo colpo, ha sfornato un pezzo d'arte, unico e forse irripetibile.
«Terrò le dita incrociate per i miei compagni»
«Mi dispiace molto, ma non posso fare nulla - aggiunge Jan Kovar sapendo di perdersi l'opportunità di sfidare i migliori al mondo - naturalmente terrò le dita incrociate. Vorrei davvero che i ragazzi avessero successo e riuscissero finalmente a vincere una medaglia».