Ci siamo intrattenuti con il difensore del Davos Samuel Guerra, al termine della stagione che l'ha visto tornare a Davos dopo un'esperienza di due anni a Zurigo e una stagione in Ticino con la maglia dell'Ambrì. Un ritorno alle origini con la squadra che l'ha lanciato nella massima lega, dove ha incontrato una realtà molto diversa da come l'aveva lasciata.
Come hai vissuto il tuo ritorno a Davos?
È stato bello. Ho ritrovato dal punto di vista della vita privata la stessa città e lo stesso ambiente, ma ho trovato una nuova società. È stato bello far parte di un nuovo inizio. È stato molto particolare vivere questo cambiamento a Davos.
Il cambiamento intrapreso dalla società ti ha sorpreso?
Sì e no. Si sapeva che dopo la partenza di Arno Del Curto qualcosa sarebbe cambiato, si sentiva nell’aria che sarebbe iniziato un nuovo ciclo. Al giorno d’oggi tutte le società hanno una determinata struttura, cosa che nell’era Del Curto non c’era, perché lui era la struttura. Ora è tutto più strutturato, in ogni sezione della società.
Facciamo un passo indietro. A posteriori, cosa ti ha dato la stagione passata ad Ambrì?
Come giocatore ho ritrovato delle grandi emozioni nel giocare, era una cosa che non sentivo più da qualche anno. A Zurigo avevo passato un periodo un po' difficile. Tornare in una squadra come l'Ambrì, in una realtà particolare anche per i tifosi e ambiente, ha risvegliato in me emozioni che si erano un po' assopite.
Dal mio punto di vista posso dire di aver mostrato le mie qualità, cosa sono in grado di fare e i margini di miglioramento. Ho avuto la possibilità di esprimermi più offensivamente, prendendomi inoltre anche più responsabilità in seno alla squadra. Mi sono reso conto di avere le qualità per gestire il gioco, su questo aspetto anche quest'anno ho cercato di migliorarmi prendendo spunto da quanto ho imparato in Leventina.
Cosa è cambiato per te quando sei arrivato nei Grigioni?
In realtà per me è cambiato poco. Ho le stesse responsabilità se non di più. Naturalmente il Davos è un altro tipo di squadra rispetto all’Ambrì. Anche a livello di difesa ci sono diversi giocatori che giocano tanto. Per esempio se da una parte non ho trovato molto spazio in Powerplay, anche per l’arrivo di Rantakary, dall’altra invece io e Paschoud eravamo i difensori fissi nelle inferiorità numeriche. A Davos ci dividiamo i compiti, e questo aiuta soprattutto nei Playoff dove si gioca una partita dietro l’altra, durante la Spengler o per esempio in ottobre quando giocheremo in Champions League.
Dopo la stagione 2018/2019 nessuno, o pochi, si aspettavano un Davos così forte. Sei rimasto anche tu sorpreso dai risultati ottenuti quest’anno o te lo aspettavi?
Chiaramente non si sa mai come andrà una stagione. Sono sempre molti i fattori che determinano successo o sconfitta, e a volte c'è di mezzo anche la fortuna. Tuttavia già nel mese di agosto, da quando abbiamo iniziato a lavorare, il nostro obiettivo come club era quello di mostrare una reazione dopo i Playout. Dunque ero abbastanza sicuro che avremmo fatto una buona stagione. Alla fine si è rivelata un'ottima stagione, e peccato non aver potuto giocare i Playoff perché avevo un buon feeling. Per rispondere alla domanda iniziale, tenendo conto dell'attitudine della squadra non sono rimasto molto sorpreso dei risultati.
Niente Playoff a causa del coronavirus, ed ora come vi state allenando?
Ci stiamo allenando rispettando tutte le regolamentazioni del consiglio federale. Ora per fortuna ci si può ritrovare in gruppi. A Davos abbiamo la fortuna di avere diverse palestre da poter utilizzare, ci siamo organizzati in 3-4 gruppi di allenamento. Ciò aiuta. Facciamo anche molte cose all’esterno, per esempio nel campo da calcio accanto alla pista, c’è tutto lo spazio per lavorare in tranquillità e in sicurezza.
Inoltre grazie al nuovo centro di allenamenti possiamo allenarci al cento per cento alla preparazione della nuova stagione. Io per esempio da qualche settimana ho ricominciato ad allenarmi sul ghiaccio.
Hai giocato nel Davos di Del Curto, ora sei allenato da Wohlwend. Quali sono le differenze principali che hai notato fra questi due allenatori?
La differenza principale è che Wohlwend si fida ciecamente del suo staff. Cerca supporto, vuole discutere, è aperto a nuove idee. Lui cerca sempre il challenge, anche con i suoi allenatori, allo scopo di alzare il livello.
Arno invece non faceva così. Lui era da solo. Aveva la sua idea e continuava imperterrito, era un "one man show".
Questa è la piccola, e grande, differenza fra i due.
Tutti gli allenatori hanno i loro pro e contro come tutte le persone. Del Curto con il suo metodo ha vinto sei titoli in poco tempo. A livello di emozioni e a livello umano sono entrambi grandi persone e grandi allenatori, portano un'energia incredibile nello spogliatoio.
Wolhwend e Cereda sono entrambi due giovani allenatori. Tu sei stato allenato da entrambi. Cosa hai trovato di simile e cosa invece di diverso nel loro modo di allenare?
Luca Cereda è molto simile ad Arno Del Curto. Ha la sua idea di hockey e lavora in funzione di questa. Trovo sia la sua forza. Inoltre è molto bravo a gestire il gruppo, ed è proprio ciò di cui ha bisogno l’Ambrì. Per me è l’allenatore giusto, e si vede anche dai risultati.
Cereda e Wohlwend stanno facendo molto bene. Qual'è l'aspetto di entrambi che ti piace di più e che credi sia fondamentale per portare le rispettive squadre a dare il massimo?
Sono allenatori svizzeri, che conoscono l’hockey svizzero e la mentalità svizzera. Questi fattori non sono da sottovalutare. Secondariamente sono allenatori che non hanno nulla da perdere. Sono in panchina per vincere e non per cercare di salvare il loro lavoro.
Ce ne sono diversi di allenatori simili, anche in Swiss League. Hanno la caratteristica comune di accettare delle sfide molto grandi e non aver paura. Sanno come lavorare con la propria squadra e si conoscono bene. Per esempio Wohlwend sa di avere dei limiti, e proprio per quello fa affidamento sul suo staff. L'arrivo di questi allenatori svizzeri è molto positivo per l'hockey svizzero anche in chiave futura.
Dal documentario girato da Mysports nello spogliatoio si vede un Wolhwend piuttosto impetuoso: è capitato che alzasse la voce anche con te in modo particolare?
Lui gestisce bene tutti i giocatori. Naturalmente è un processo lungo conoscere tutti, a volte prende dei mesi come invece altre volte ci vogliono degli anni. Comunque lui sa con chi può o deve alzare la voce, mentre invece con chi è meglio guardarsi negli occhi e risolvere i problemi con più calma.
Quando parla alla squadra fa fatica a controllare le sue emozioni, come si vede anche spesso in panchina. Ma è giusto così. La piazza di Davos necessita di gente che porta emozioni. Per esempio a volte ci sono partite dove il pubblico scarseggia, perché per esempio se nevica è difficoltoso raggiungere la pista un martedì, e in questi momenti c'è bisogno di un allenatore che porta emozioni indipendentemente dal pubblico.
E tu che tipo di giocatore sei?
Io sono uno che reagisce meglio quando l’allenatore mi prende da parte e senza giri di parole mi dice di reagire, a quel punto so esattamente cosa fare. Non sono uno a cui piace essere sgridato o motivato con urla o cose del genere, essere messo in una situazione simile mi rende più nervoso che motivato.
Dal tuo punto di vista strettamente di giocatore. Preferiresti che il campionato iniziasse come stabilito in settembre anche se si dovesse giocare con le piste vuote, o vorresti aspettare fino a quando si potrà giocare col pubblico anche se si dovesse rimanere fermi per esempio fino a novembre?
Noi abbiamo giocato l’ultima trasferta proprio ad Ambrì senza pubblico, è stato davvero scioccante. Questo sport, ma non solo, è triste senza pubblico. Ne abbiamo parlato anche a casa il giorno dopo, non è lo stesso hockey. Io sarei contrario di riprendere senza il pubblico. Naturalmente ci sono numerosi fattori in ballo, a livello di sicurezza ed economia.
Hai "paura" di non poter giocare una partita ufficiale per ancora molto tempo?
Ci sono ancora diversi mesi prima di riprendere, dunque da questo punto di vista siamo ancora piuttosto tranquilli. Personalmente in aprile ho impiegato 2-3 settimane per capire veramente ed accettare che la stagione fosse finita. A livello fisico, mentale ed emozionale. Ora abbiamo iniziato la fase della preparazione estiva, di conseguenza siamo più tranquilli. Sappiamo cosa abbiamo davanti.
Ti sei fissato degli obiettivi personali per la prossima stagione?
Sì, sono molto importanti, perché senza è difficile migliorarsi. A questo punto della stagione si tratta soprattutto di obiettivi a livello fisico. Poi mano a mano che si avvicinerà l'inizio del campionato mi porrò anche obiettivi più personali per quanto riguarda il gioco e la nuova stagione.
Puoi farci un esempio?
Sinceramente so di avere delle qualità, che però faccio un po’ fatica a tirare fuori durante le partite. Di conseguenza un obiettivo sarà di fare più punti. Ho le qualità, anche un po' l'istinto, ma mi manca ancora qualcosa per andare a punti con regolarità. Questo sarà senza dubbio uno dei miei obiettivi personali in vista della prossima prossima stagione.
Anche se c'è ancora molto tempo prima che la prossima stagione possa iniziare, ed effettivamente non si sa ancora con sicurezza né il quando e né tantomeno il come, il difensore del Davos Samuel Guerra sta già lavorando per farsi trovare pronto al momento giusto.