Sul sito ufficiale di Michael Schumacher è apparsa un'intervista inedita, registrata due mesi prima dell'incidente di Meribel che ha cambiato la vita del 7 volte campione del mondo.
Dopo anni di silenzio la famiglia di Michael Schumacher ha deciso di far sentire al mondo la voce dello sfortunato ex pilota di Formula 1. Sul sito web ufficiale del 7 volte campione del mondo è apparsa infatti un’intervista inedita, registrata due mesi prima dell’incidente sciistico che ha cambiato drammaticamente la vita dell’ex pilota tedesco e della sua famiglia. Il 29 dicembre 2013 Michael Schumacher stava sciando assieme al figlio sulle nevi di Meribel quando cadde rovinosamente andando a sbattere contro una roccia. Da lì seguì un periodo di coma, due operazione e poi ... il silenzio e la riservatezza più assoluta.
Nell'intervista Schumacher ammmette che la stagione più appassionante della sua carriera è stata nel 2000, quando al primo anno alla Ferrari conquistà il titolo di campione del mondo.
«La Ferrari non vinceva un titolo mondiale da 21 anni, io conquistai l’ultimo quattro anni prima, poi infine, grazie ad una gara straordinaria, arrivò il primo titolo con la Scuderia italiana».
Il tedesco descrive l’ex avversario Mika Hakkinen come il rivale che in carrriera ha rispettato di più. «Accesa rivalità in pista, ma uno stabile e rispettoso rapporto nella vita private».
Il suo idolo di gioventù?
«Nei primi anni alla guida dei kart, guardavo con ammirazione ad Ayrton Senna e Vincenzo Sospiri, ma il mio vero idolo era Toni Schumacher – ex portiere della nazionale tedesca di calcio, che non ha nessuna parentela con Michael – perchè era uno straordinario calciatore».
Nell’intervista Schumacher esprime la sua grande ammirazione per Ross Brawn – il suo direttore tecnico prima alla Benetton poi alla Ferrari e in seguito team manager alla Mercedes – al quale riconosce gran parte dei meriti del suo successo.
«Se guardiamo alle varie scuderie per le quali ho gareggiato, alle diverse missioni incontrate: - alla Benetton, dopo quattro anni di preparazione vincemmo il titolo mondiale, lo stesso con la Ferrari, infine provammo a fare la medesima cosa con la Mercedes, in meno tempo – c’è sempre stato un denominatore comune: Ross Brawn. Pensateci!».
Famoso per la sua concentrazione maniacale e il suo approccio glaciale, Schumacher rivela come i suoi successi sono da attribuire sì alle sue doti individuali, ma in egual misura al lavoro di squadra.
«Il successo, in qualsiasi aspetto della vita, è basato sul lavoro di squadra. La Formula 1 è un lavoro di squadra e non sicuramente un ‘one man show'».
Alla domanda se non ha mai dubitato delle sue qualità, Schumacher racconta di essere sempre stato scettico e auto-critico riguardo alle stesse.
«I successi sono una cosa, ma credo sia importante avere dei dubbi, il sapersi mettere in discussione per trovare ulteriori miglioramenti».
«Certo, ho sempre pensato di non essere bravo abbastanza, ma di dover lavorare sodo, e credo che anche questo aspetto sia una parte della ricetta che mi ha portato a vincere tanto».
L’ex campione ammette che nonostante sia rimasto uno sport molto duro, i miglioramenti tecnologici avvenuti nel corso dei suoi 17 anni di carriera, hanno reso iI tutto un po’ più semplice.
«Quando iniziai i freni erano molto diversi e non c’era il servosterzo. La Formula 1 rimane uno degli sport più duri che si possa fare in quanto richiede molta preparazione».
In bocca al lupo Michael!