Mottarone La testimonianza: «Pochi secondi dopo e potevamo esserci noi». Eitan è sveglio e chiede dei genitori

ATS / sam

28.5.2021 - 20:36

La partenza della funivia Mottarone
La partenza della funivia Mottarone
KEYSTONE

Man mano che i giorni passano, emergono nuovi dettagli relativi alla tragedia del Mottarone. Un testimone: la cabina «ballava» e, mentre risaliva la montagna, «c'era un forte rumore metallico». Il responsabile del servizio della funivia pronto alle ammissioni. Intanto il piccolo Eitan, che si è risvegliato, chiede dei genitori.

28.5.2021 - 20:36

La cabina «ballava» e, mentre risaliva la montagna, «c'era un forte rumore metallico». Tra gli ultimi a utilizzare la funivia del Mottarone, prima dell'incidente in cui domenica sono morte 14 persone, c'era Claudio Nicolazzo, assicuratore calabrese di Platania, ma che vive e lavora a Zurigo, in vacanza sul Lago Maggiore con la famiglia.

«Siamo stati gli ultimi, pochi secondi dopo e potevamo esserci noi», racconta in un'intervista all'ANSA, precisando che l'impressione avuta dell'impianto «non è stata affatto buona».

«La struttura appariva molto vecchia e poco curata, non al livello di un polo turistico come quello – sostiene l'assicuratore -. Abbiamo aspettato il nostro turno, poi abbiamo visto arrivare il gruppo di persone che purtroppo è rimasto coinvolto nell'incidente.

I nostri figli si sono messi a giocare e parlare con gli altri bambini, per ingannare l'attesa. Poi siamo saliti e la mia impressione, non da esperto, ma da semplice utilizzatore di impianti visto che spesso vado a sciare, sia in Italia che in Svizzera dove risiedo, non è stata del tutto positiva», ribadisce.

Impianto fermo dopo qualche minuto

La vista mozzafiato sul lago ha fatto passare in secondo piano quel rumore metallico che, comunque, «non ci ha portato a immaginare nulla di grave».

Lo schianto è avvenuto di lì a pochi minuti, ma una volta in cima al Mottarone «non abbiamo avuto nessuna percezione dell'incidente, perché non si è sentito nulla: nessun rumore né altri indizi che potevano far pensare a qualcosa di anomalo. Oltretutto il rumore del bob del vicino parco di divertimenti ha coperto gli altri suoni».

Dopo qualche minuto, però, l'impianto di risalita si è fermato e la famiglia di origini calabresi ha realizzato che qualcosa non andava. «All'inizio, ingenuamente, abbiamo pensato alla pausa pranzo – spiega Nicolazzo -. Poi, visto che non accennava a ripartire, abbiamo cominciato a cercare su internet qualche notizia. E abbiamo realizzato, poco a poco, quello che stava accadendo».

Era passata da poco l'ora di pranzo e la macchina dei soccorsi era già in moto. «Lo abbiamo capito dalle sirene delle ambulanze e dai numerosi elicotteri», ricorda senza nascondere lo choc per la notizia. «Da padre di famiglia, con i miei due bambini con me in quel momento, è stata ancora più drammatica: bastava nulla, una richiesta di mio figlio di andare al bagno o qualsiasi altro imprevisto, per ritardare cinque minuti e salire sulla cabina che è rimasta coinvolta nell'incidente».

La cabina numero 3, quella rimasta coinvolta nell'incidente del Mottarone
La cabina numero 3, quella rimasta coinvolta nell'incidente del Mottarone
KEYSTONE / EPA/ALESSANDRO DI MARCO

«Tadini udì rumori e scrisse il falso quel giorno»

Intanto continuano le indagini su quanto successo e i pm, nella loro richiesta di custodia cautelare, contestano al responsabile dell'impianto della funivia Gabriele Tadini anche il reato di falso.

A loro avviso, Tadini annotò il falso nel 'registro giornale' parlando di «esito positivo dei controlli» sul funzionamento dei freni, sia il 22 che il 23 maggio, giorno della tragedia, malgrado avesse «sentito provenire dalla cabina un rumore-suono caratteristico riconducibile alla presumibile perdita di pressione del sistema frenante della cabina che si ripeteva ogni due-tre minuti». E per ovviare a ciò, per i pm, decise di lasciare «inseriti i forchettoni rossi» e non veniva annotata la «anomalia sull'impianto».

Il registro giornale, spiega la Procura, è destinato «a provare la verità» e serve ad «assicurare l'attività di sorveglianza del Ministero delle infrastrutture e trasporti».

Lo stesso Tadini è pronto ad ammettere, sabato, davanti al gip di Verbania, di aver disattivato il sistema frenante con la scelta dei forchettoni per evitare il blocco della cabina.

«Ho corso il rischio, ma l'ultima cosa al mondo che pensavo è che si potesse rompere il cavo traente», avrebbe detto in carcere in un colloquio col suo legale Marcello Perillo. «È pentito», ha aggiunto il difensore preannunciando che chiederà i domiciliari.

Eitan si è risvegliato e chiede dei genitori

Nel frattempo Eitan, il bimbo di 5 anni unico sopravvissuto all'incidente, ricoverato all'ospedale infantile Regina Margherita di Torino, è sveglio e «chiede dei suoi genitori». Lo fanno sapere i sanitari, aggiungendo però che «la zia gli resta sempre vicino». 

Le condizioni del piccolo, che ha accanto anche la nonna, sono stabili, ma la prognosi resta riservata. «Il torace è ancora contuso e la situazione addominale non permette ancora di alimentarlo - precisano -. Per questa ragione il bimbo rimane in Rianimazione ancora qualche giorno».

A fare visita al piccolo, oggi, si sono recati anche il comandante dei vigili del fuoco di Verbania, Roberto Marchioni, assieme a due capi squadra intervenuti sul Mottarone. Ma non ci sono andati a mani vuote: Eitan ha infatti ricevuto anche alcuni regali personalizzati. Un gesto di vicinanza da parte dei vigili del fuoco, tra i primi ad arrivare sul luogo della tragedia.

L'ultimo saluto alla famiglia Zorloni

E sempre oggi si sono tenuti a Vedano Olona (Varese) i funerali di tre delle vittime: Vittorio Zorloni, 55 anni, della compagna Elisabetta Persanini, 37 anni, e del piccolo Mattia, il loro bimbo di 5 anni.

La chiesa era gremita e all'esterno qualche centinaio di persone si sono riunite a recitare il rosario. Palloncini rosa, bianchi e blu sono stati posizionati proprio davanti all'ingresso della chiesa, dai bambini della scuola d'infanzia Silvio Pellico frequentata dal piccolo Mattia.

«Tre vite spezzate, la morte in una gita che tutti avremmo potuto fare. Vite spezzate inaspettatamente anche a causa di errori umani. Gli uomini sbagliano per avidità, interesse personale, incompetenza, quanto male può fare il nostro egoismo, ferite profonde che non possono e non devono capitare mai più»: ha detto monsignor Giuseppe Vegezzi, vicario episcopale di Varese, durante l'omelia per i funerali.

«Domenica a quest'ora ero qui, a celebrare la cresima - ha proseguito Vegezzi - abbiamo appreso della tragedia e Don Daniele», il parroco, «se lo sentiva che questa tragedia aveva toccato anche la sua zona, e oggi siamo qui a salutare una famiglia spezzata e a fare i conti con la tristezza».

ATS / sam