Lifestyle Demenza senile: meno rischio con il matrimonio

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7.12.2017 - 16:11

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Secondo una nuova ricerca, essere sposati abbassa enormemente le probabilità di sviluppare una malattia degenerativa.

Per le persone che hanno un coniuge al proprio fianco, il rischio di sviluppare una malattia come la demenza o l’Alzheimer cala di un terzo rispetto a chi non è sposato. Questa l’analisi dei ricercatori della University College London sui pro (scientifici) del matrimonio.

Il team di ricerca ha preso in esame 800mila individui provenienti da diverse parti del mondo, i cui dati sono stati estrapolati da 15 precedenti studi. Secondo i risultati, le persone impegnate in una unione matrimoniale corrono un rischio del 30% inferiore di incappare in un declino cognitivo rispetto a quelli che, invece, restano single e vivono da soli. Secondo il team, questo avverrebbe grazie alle normali dinamiche di coppia, che mantengono il cervello attivo più a lungo, stimolano il coniuge a rivolgersi al medico nel caso di un problema di salute e ad intervenire generalmente in tempo nelle condizioni problematiche.

«I nostri risultati indicano che le persone sposate hanno meno probabilità di sviluppare la demenza», confermano i ricercatori. «La prevenzione della malattia nelle persone non sposate dovrebbe concentrarsi sull’educazione alla salute fisica e considerare i possibili effetti sull’interazione sociale come un fattore di alterazione del rischio».

Sempre secondo lo studio, il rischio di sviluppare la malattia aumenta del 20% nelle persone che hanno perso il coniuge, un fattore potenzialmente causato del forte stress a seguito del lutto.

«Le persone sposate tendono ad avere una migliore condizione economica, un fattore importantissimo per il nostro livello di salute e benessere», ha dichiarato la dottoressa Laura Phipps, dell’associazione britannica Alzheimer’s Research U.K..

«Il coniuge ci incoraggia ad avere abitudini più sane riguardo alla nostra salute, si prende cura di noi e ci offre un maggiore sostegno sociale. Questa ricerca suggerisce infatti che l’interazione sociale può aiutare a costruire una riserva cognitiva, una flessibilità mentale che consente al nostro cervello di funzionare bene più a lungo senza mostrare i sintomi di una malattia come l’Alzheimer».

La ricerca è stata pubblicata nella rivista scientifica Journal of Neurology, Neurosurgery & Psychiatry.

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