Lifestyle Facebook altera le menti con le fake news?

ats

7.12.2017

Facebook ist seit zehn Jahren in Großbritannien aktiv. Foto: Julian Stratenschulte
Facebook ist seit zehn Jahren in Großbritannien aktiv. Foto: Julian Stratenschulte

Facebook ha "alterato" le menti della gente a colpi di disinformazione. L'ultima accusa alla società di Mark Zuckerberg, dopo quella del suo ex presidente Sean Parker, arriva da Roger McNamee, tra i primi a investire nel social network.

L'imprenditore getta benzina sul fuoco delle polemiche che investono i big di internet, alle prese con la proliferazione delle fake news.

In un'intervista alla Cnbc, McNamee ha commentato il Russiagate e i dati diffusi nei giorni scorsi da Facebook, secondo cui 150 milioni di statunitensi, nel periodo delle elezioni presidenziali, avrebbero visto i post divisivi pubblicati da una "fabbrica di troll" russa.

"Tutte queste persone sono state 'zuckerate'", ha detto l'uomo d'affari. "I loro cervelli sono stati alterati e sono arrivate a credere a cose non vere. Voglio che Facebook contatti ognuna di loro".

Le parole di McNamee arrivano a pochi giorni di distanza da quelle di Sean Parker, presidente di Facebook agli esordi dell'azienda, secondo cui i social media "approfittano delle vulnerabilità della psicologia umana" con un meccanismo che crea dipendenza come una droga. Risalgono ad alcuni mesi fa, invece, le dichiarazioni di Evan Williams, uno dei fondatori di Twitter: "Internet si è rotto, si è incamminato su un percorso buio".

I colossi come Facebook, Twitter e Google si trovano in questo periodo a dover fronteggiare una duplice emergenza: la crescita esponenziale delle notizie false e dell'odio online.

Il primo fronte è detonato con il Russiagate ma il problema è globale. Secondo un rapporto della ong Freedom House, nell'ultimo anno i governi di trenta nazioni hanno usato i social per fare propaganda, silenziare il dissenso, orientare l'opinione pubblica e interferire nelle elezioni. Russia e Cina, ma anche Venezuela, Turchia, Sudan e Filippine.

La diffusione dell'odio online è un altro problema che i social tentano di arginare cancellando post e chiudendo account. Twitter ha appena deciso di andare oltre, togliendo la "spunta blu" - che sui social indica gli account verificati e conferisce una maggiore importanza - a chi discrimina o incita alla violenza. I primi colpiti dal nuovo corso sono alcuni suprematisti bianchi americani, coinvolti nella manifestazione neonazista di Charlottesville dell'agosto scorso.

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