Elton John: «Alcuni momenti legati alla droga sono stati molto dolorosi»

di Marlène von Arx

30.5.2019

«Rocketman», il biopic su Elton John, è stato presentato al Festival di Cannes. «Bluewin» ha incontrato la leggenda britannica e suo marito per un'intervista.

Questo impressionante film musicale racconta come il timido prodigio del pianoforte Reginald Dwight sia diventato la superstar tossicomane ed alcolizzata Elton John e mostra ciò che alla fine gli ha salvato la vita. L'icona del pop e suo marito David Furnish, entrambi produttori della pellicola, si esprimono sulla storia di una vita piena di alti e bassi.

Cosa si prova a vedere la propria esistenza sul grande schermo?

Elton John: È molto strano. Ancor più se si è ancora in vita! (ride) La maggior parte delle persone sono morte quando il biopic viene girato, a parte Tina Turner. Da una parte è strano, ma dall'altra è talmente realistico che avevo l'impressione che non fossero degli attori a recitare. Taron Egerton si è davvero trasformato in me: anche in termini canori. Non posso che fargli i miei più sinceri complimenti.

Visto tutto ciò che è stato rivelato nel film, è stato coraggioso. Ha dovuto forzarsi?

Elton John: C'era già stato un film su di me, certamente serio. Il successo è stato eccezionale, ma non riuscivo a farci pace. David ha diretto il documentario «Tantrums & Tiaras» su di me e volevo che «Rocketman» fosse altrettanto autentico.

David Furnish: La risalita non è così gratificante se non si vede il declino. Il fatto che Elton sia disintossicato da 29 anni ormai è fonte di ispirazione, poiché ancora oggi molte persone si vergognano di parlare di tossicomania e di problemi psicologici. Noi speriamo, così facendo, di riuscire ad aiutare il prossimo.

Elton John: Nei peggiori momenti ho anche scritto della musica e fatto dei tour. La musica mi ha mantenuto in vita. Non volevo nascondere nel film il fatto che sono un uomo gay. Credo che sia il primo film di un grande studio cinematografico che comprende una scena d'amore omosessuale. Sono fiero di questo. La realtà è stata la stessa del film: ho avuto il mio primo rapporto sessuale a 23 anni. Mio padre mi diceva che se mi masturbavo, sarei diventato cieco. A tredici anni, ho dovuto mettere gli occhiali e mi sono detto: «Oh mio Dio, ha ragione!». (ride)

Qual è stato il momento più difficile durante la proiezione?

Elton John: Quando ho visto la sequenza con «I Want Love» per la prima volta, sono scoppiato a piangere. Alcuni momenti legati alla droga, allo stesso modo, sono stati molto dolorosi, perché fu un periodo buio. Quando ho visto il film nel corso della prima proiezione a Cannes, la scena con Bernie Taupin (paroliere di Elton John, ndr) nella quale mi viene a trovare al centro di disintossicazione è stata la più dura per me. La nostra amicizia era la sola cosa alla quale potevo attaccarmi e lui si era ritratto perché non poteva più sopportare tutto ciò. Fu in quell'occasione che si ripresentò. Oggi siamo più vicini che mai. Era l'inizio del nostro secondo capitolo. Quando mi ha dato il testo di «I’m Still Standing», ho capito che sarei guarito.

Ma non ci è riuscito dall'oggi al domani, vero?

Elton John: No, ho dovuto lavorare molto. Ho dovuto anche imparare molto e, per una volta, tacere e ascoltare i consigli degli altri. Anche se a volte non lo avrei voluto, la realtà è che il mio metodo non funzionava. Durante il mio primo anno senza alcool non ho fatto tour, ma durante i primi tre anni ho assistito a circa 1200 riunioni degli alcolisti anonimi. Sono diventato una persona migliore. Per la mia riabilitazione, era anche importante che mi impegnassi nella lotta all'AIDS. Per questo ho fondato nel 1992 la Fondazione Elton John AIDS. Quando ero dipendente, non mi ero impegnato sufficientemente su questo argomento, perché la droga fa perdere il senso della logica, della ragione e della responsabilità. Per i creativi e gli artisti, il mondo a volte diventa oscuro, ma ora ho David che mi ha aiutato a rivedere la luce. Allo stesso modo, di fronte ai miei figli, non mi sento mai turbato.

Come si può vedere in «Rocketman», lei non proviene di certo da un contesto familiare semplice...

Elton John: I miei genitori non si sarebbero mai dovuti sposare. Non erano per nulla fatti l'uno per l'altra e sono molto felice del fatto che abbiano trovato la felicità nei loro secondi matrimoni.

David Furnish: Elton mi ha confidato un giorno che i suoi ricordi d'infanzia erano ricordi di paura. Aveva paura di fare qualcosa di male, di fare qualcosa che suo padre non avrebbe approvato. È per questo che ha voluto che i nostri figli non ci associno alla paura, ma alle opportunità. Noi diciamo ogni giorno ai nostri figli che gli vogliamo bene. Le coccole fanno parte della quotidianità.

Elton John: Era un'altra epoca. Mio zio diceva che i miei genitori non potevano divorziare per ciò che avrebbero detto di loro i vicini. Sono rimasti insieme per la mia educazione, ma ciò non ha fatto altro che peggiorare le cose. Fortunatamente, avevo la musica che mi permetteva di fuggire dalla realtà.

Insegna il pianoforte ai suoi figli Zachary (8 anni) e Elijah (6 anni)?

Elton John: Non sono un buon insegnante e inoltre i bambini devono avere davvero voglia di suonare. Forzarli non serve a nulla. I nostri figli seguono dei corsi di pianoforte per loro scelta e ne sono contenti. Non penso che diventeranno come me, ma a loro piace, e questo è una buona cosa per loro.

Sir Elton John e Marlène von Arx di «Bluewin».
Sir Elton John e Marlène von Arx di «Bluewin».
Marlène von Arx

A quattro anni sapeva riprodurre le melodie che ascoltava e oggi scrive dei classici alla velocità della luce. Come spiega questo talento?

Elton John: Non ne ho idea, non faccio altro che posare le mani sui tasti, poi qualcosa accade. Una sorta di film appare sotto forma di testo. Bernie ed io abbiamo semplicemente un dono: lui scrive le parole e io la melodia. E non ci vuole mai molto tempo. Ho scritto «Your Song» in mezz'ora. Se non riesco a terminare una canzone in una mezz'ora, mi fermo e ci ritorno sopra dopo. Non scrivo neanche tutti i giorni, ma soltanto quando ne ho voglia.

Questo dono non è mai stato un peso per lei? O ci sono stati dei momenti in cui si è sentito incompreso come musicista?

Elton John: In verità no. Non parlo del mio talento e Elton John resta sul palcoscenico o nello studio di registrazione. Non torna a casa con me. Per un certo periodo, ho appeso in casa i miei dischi d'oro e tutto ciò che mi portava il successo. Ma l'ho superato. Oggi non so neanche dove li conservo. Certo, a volte ho dei dubbi su ciò che faccio, mi domando se faccio le cose abbastanza bene. Nessun artista che si rispetti può affermare che ciò che fa è sempre meraviglioso e non dubitare mai di sé stesso. Cosa che tra l'altro non ci rende migliori.

David Furnish: Ogni volta che comincia un disco, aspetto l'inevitabile chiamata che arriva dopo due o tre giorni, nella quale mi dice che fare un nuovo album non ha alcun senso e che il mondo non ha in ogni caso alcun bisogno di un nuovo disco di Elton John. Dal momento che scrive quasi a comando, la pressione che si impone è molto forte. Comincia allora a dire che non c'è il produttore giusto o il giusto studio di registrazione. Ma una volta che ha registrato una o due canzoni, allora le cose vanno bene. E diventa inarrestabile.

«Rocketman» esce giovedì 30 maggio nei nostri cinema.

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