Hockey al femminile Crameri: «Le ragazze hanno tanta grinta, più dei colleghi maschi»

bfi

13.2.2022

Evelina Raselli of Switzerland and Catherine Ward of Canada mix it up during the second period of the 2014 Winter Olympics women's semifinal ice hockey game at Shayba Arena, Monday, Feb. 17, 2014, in Sochi, Russia. (AP Photo/Petr David Josek)
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La nazionale svizzera femminile giocherà la semifinale olimpica contro il favoritissimo Canada, lunedì 14 febbraio. Con Gian Marco Crameri, già allenatore della Nazionale, abbiamo parlato dell'hockey giocato dalle ragazze. 

Ai Giochi olimpici di Pechino, dopo aver battuto la quotata Russia, le ragazze della nazionale svizzera sfideranno la favoritissima nazionale canadese in semifinale. 

Noi di blue Sport abbiamo incontrato un ex giocatore di National League, nonché ex allenatore della nazionale svizzera femminile.

Gianmarco Crameri, grande ex indimenticato attaccante di Lugano e Davos, dal 2014 al 2015 è stato allenatore della Nazionale svizzera femminile di hockey su ghiaccio. A lui abbiamo chiesto di parlarci della sua esperienza e della sua conoscenza dell'hockey femminile. 

Allenatore della nazionale femminile. Quale esperienza?

«Per me è stata un'esperienza molto interessante. Le ragazze sono bravissime e hanno tanta grinta. Lavorano, non sono pagate; insomma fanno dei grossissimi sacrifici per giocare a hockey. La Lega nazionale (sihf) oggi le aiuta un poco, ma sono bazzecole.»

Qual'è la differenza più grande che hai riscontrato fra allenare una squadra maschile e una femminile?

«Le ragazze sono più veloci nel capire gli esercizi. I maschi sono però meno permalosi, non si fanno troppe domande: 'perchè non gioco', 'cosa avrà voluto dire' ...» 

Come vedi il futuro dell'hockey femminile?

«Credo che in Svizzera continuerà cosi, come ora: un gioco lento e roccioso. Se non ci sono stipendi, è molto difficile coniugare lavoro, scuola, famiglia ...».

Quale aspetto ti piace molto e quale meno dell'hockey femminile?

«Le ragazze mettono sul ghiaccio tantissima grinta, molta più dei colleghi maschi. Purtroppo sono molto invidiose». 

E l'hockey maschile invece?

«La velocità di esecuzione e di pattinaggio direi che è l'aspetto che apprezzo di più nell'hockey al maschile. Vedo però troppe simulazioni e non sempre c'è la grinta giusta. Mancano tanti giocatori tipici da play-off».

Evelina Raselli, poschiavina un po’ come te, è arrivata alla Nazionale allenandosi in una pista di periferia, nella piccola e discosta valle del Grigioni Italiano. Oggi dunque è ancora possibile?

«È sempre possibile, sia per le femmine che per i maschi. Se sei bravo a 15 anni o a 20 puoi ancora avere margine di miglioramento, eccome. Giocando in periferia poi ti trovi a giocare già con formazioni di adulti, ed è lì che alleni la grinta, lo spirito combattivo. Nei grandi club, se giochi solo 5 minuti per partita, a ventanni smetti di giocare, ti passa la voglia. Per questo motivo sono convinto che i giocatori bisogna andare a cercarli anche nelle leghe minori. Inoltre, ci si basa troppo sulle statistiche. Un giocatore deve saper soffrire, deve mettere tutto in campo per quei 30 secondi».