Accuse di corruzione Aleksander Smirnov, l'ex talpa dell'FBI che accusava Biden, confessa: «Aiutato dagli 007 russi»

SDA

21.2.2024 - 20:41

L'ombra del Cremlino si allunga nuovamente sulle elezioni americane, dopo le pesanti interferenze del 2016 e del 2020. Alexander Smirnov, ex talpa dell'FBI, ora in carcere, ha confessato che è stato aiutato dal servizi segreti russi per accusare, con informazioni false, Biden padre e figlio.

Un particolare dell'edificio dell'FBI di J. Edgar Hoover a Washington, DC, il 16 agosto 2023.
Un particolare dell'edificio dell'FBI di J. Edgar Hoover a Washington, DC, il 16 agosto 2023.
IMAGO/Sipa USA

Keystone-SDA

Aleksander Smirnov, un ex informatore dell'Fbi arrestato e incriminato recentemente per aver mentito all'Fbi e inventato false accuse di corruzione in Ucraina contro il presidente americano Joe Biden e suo figlio Hunter, ha confessato di aver ricevuto alla fine del 2023 informazioni da dirigenti dell'intelligence russa per infangare entrambi.

Una notizia esplosiva, che suggerisce un intervento a gamba tesa di Mosca nella campagna elettorale americana e solleva sospetti inquietanti su una regia di Vladimir Putin: per azzoppare Biden, benché abbia detto di preferirlo (è «più preparato e più prevedibile») e favorire Donald Trump che, pur lodando il coraggio di Alexei Navalny – cui ha osato paragonarsi come perseguitato politico – si è ben guardato dall'accusare lo zar.

Di cosa è accusato Smirnov?

I pubblici ministeri accusano invece Smirnov di aver «preso di mira il presunto candidato di uno dei due principali partiti politici degli Stati Uniti» e di aver «propagato attivamente nuove menzogne (dopo quelle del 2020, ndr) che potrebbero avere un impatto sulle elezioni statunitensi»,

Il tutto con ricadute che «continuano a farsi sentire fino ad oggi»: un evidente riferimento alla controversa indagine di impeachment lanciata dai repubblicani contro il presidente e la sua presunta complicità nei controversi affari del figlio Hunter e del fratello James, primo familiare oggi chiamato a deporre alla Camera a porte chiuse.

Un'indagine che rischia di crollare come un castello di carte, dato che Smirnov è uno dei testimoni chiave.

Incontri ad alto livello con 007 russi per Smirnov

L'ex talpa ha raccontato di aver avuto contatti «estesi ed estremamente recenti» con «quattro alti dirigenti russi» dell'intelligence, due dei quali «sono i capi delle entità che rappresentano». Gli ultimi incontri risalirebbero a novembre e dicembre 2023.

Una delle sue false storie raccontate all'Fbi lo scorso settembre è che gli 007 russi avevano registrato alcune telefonate fatte da Hunter Biden in un hotel di Kiev e che le avrebbero potute usare nelle elezioni 2024 come «kompromat», termine russo per indicare materiale compromettente utilizzabile a scopo di ricatto.

Peccato che il figlio del presidente non abbia mai viaggiato in Ucraina nel periodo delle presunte chiamate.

Concessi gli arresti domiciliari

Gli sviluppi sono emersi in una udienza in cui i procuratori pubblici si sono opposti al rilascio di Smirnov, ammonendo che grazie ai suoi contatti con diverse agenzie di intelligence straniere potrebbe fuggire.

Il giudice però gli ha concesso la libertà condizionale imponendogli il braccialetto elettronico e trattenendo i suoi due passaporti (americano e israeliano).

L'ex informatore dell'Fbi è stato incriminato per aver mentito sul presunto coinvolgimento di Joe Biden e di Hunter nelle attività della società energetica ucraina Burisma, quando il primo era vicepresidente e il secondo sedeva nel board della compagnia a 50'000 dollari al mese.

Le falsità raccontate

Secondo l'accusa, nel 2020 Smirnov riferì falsamente due incontri del 2015 o 2016 in cui dirigenti associati a Burisma gli avrebbero detto di aver assunto Hunter Biden per «proteggerci, attraverso suo padre, da ogni tipo di problema».

Falso anche che i dirigenti della società energetica abbiano pagato 5 milioni di dollari ciascuno a Joe e Hunter Biden in modo che il figlio «si prendesse cura di tutte quelle questioni attraverso suo padre».

Un riferimento questo a un'indagine penale su Burisma dell'allora procuratore generale ucraino Viktor Shokin, poi silurato su richiesta dello stesso Joe Biden – ma anche dei paesi occidentali – per presunta corruzione.