Giustizia Accoltellamento alla Manor, chiesti 14 anni di carcere 

Swisstxt

1.9.2022 - 13:09

«Ha portato il terrore in casa nostra». L'accusa, al processo contro la 29enne di Vezia che ferì due persone nel 2020, ribadisce la tesi dall'atto terroristico e chiede 14 anni di carcere.

La sede del Tribunale penale federale di Bellinzona, dove si sta svolgendo il processo alla giovane che ha aggredito due donne alla Manor di Lugano nel 2020.
La sede del Tribunale penale federale di Bellinzona, dove si sta svolgendo il processo alla giovane che ha aggredito due donne alla Manor di Lugano nel 2020.
KEYSTONE/TI-PRESS/GABRIELE PUTZU

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Quattordici anni di reclusione, così composti: 11 per il ripetuto tentato assassinio e 3 per la violazione della legge federale che vieta Al-Qaïda e Stato Islamico. Nella commisurazione della colpa è stato tenuto conto della media scemata imputabilità di cui gode a causa del suo stato psichico.

Il Ministero pubblico della Confederazione nella sua richiesta di pena, viste le condizioni dell’imputata, per il fatto che non ha mostrato alcun pentimento e che il rischio che commetta nuovi reati è alto, ha ribadito la necessità che la donna sconti la condanna in una struttura terapeutica chiusa.

La parola «terrorismo» ha segnato l’intera requisitoria della procuratrice pubblica federale Elisabetta Tizzoni. Sin dall’inizio ha definito la 29enne di Vezia un «lupo solitario», come già se ne sono visti a decine nel mondo.  La ragazza, giova ricordarlo, il 24 novembre del 2020 accoltellò due donne scelte a caso alla Manor di Lugano in nome dello Stato Islamico. 

Terrorismo e follia sono compatibili?

Per la procuratrice federale l’ipotesi di un atto di follia o di un atto terroristico non si escludono: «La follia non è dell’uomo bensì della causa». Ha ribadito che quel giorno si è compiuto un atto terroristico all’arma bianca a tutti gli effetti. Un atto terroristico pianificato da tempo e poi realizzato in una data precisa: a un mese dalla vigilia di Natale, data altamente simbolica nella religione cristiana.

Nella sua requisitoria Tizzoni ha poi ripercorso l’aggressione, definita un «attacco brutale», e anche il percorso di radicalizzazione dell’imputata. L’Islam «la fa sentire spirituale e viva» e le intense conversazioni avute in particolare con un uomo siriano che lei reputava un combattente dello Stato Islamico «la fanno sentire forte e invincibile».

«Era consapevole delle sue azioni»

Ha poi speso parole per la vittima principale dell’aggressione, che, fa notare la RSI, anche oggi è presente in aula, una donna che porterà cicatrici indelebili tutta la vita. Ancora oggi la giovane donna soffre di dolori importanti, di incubi notturni e di flashback durante il giorno.

In conclusione, sempre secondo la pubblica accusa, la donna voleva assassinare più vittime in nome di un’ideologia estremista e violenta e questo per diffondere paura e terrore nella popolazione, ben consapevole delle sue azioni.