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Salute Intestino molesto: quando la pancia ci fa soffrire
Kerstin Degen
16.10.2018
Dolori intestinali notturni, gonfiore, pesantezza di stomaco o mancanza di appetito? Il 15% delle svizzere e degli svizzeri soffre di problemi di digestione. La nostra autrice è alle prese con tali fastidi già da parecchi anni: ecco il suo racconto.
Si può trattare di un’intolleranza alimentare, di uno sgradevole lascito dell’ultimo lungo viaggio o di una predisposizione genetica. Le ragioni dei dolori all’apparato digerente possono essere molteplici. In alcuni casi i sintomi spariscono da soli, ma in altri è necessario ricorrere ai medicinali. E a volte i problemi si ripresentano di continuo, nonostante tutte le precauzioni prese.
La proliferazione batterica intestinale, «Small Intestinal Bacterial Overgrowth», nota come SIBO, non è una malattia. Il più delle volte, è il risultato di un disturbo. Solo raramente accade che una grave patologia abbia attaccato il tratto gastro-intestinale.
Ho scoperto in prima persona l’improbabile acronimo SIBO un anno fa, nel momento in cui ho finalmente capito cosa mi faceva soffrire da parecchi anni. Il sollievo è stato grande, poiché ero ormai sicura di non poter più liberarmi dell’etichetta di ipocondriaca nella mia famiglia. Poi, dopo una diagnosi, si passa ad una cura, giusto?
No! In effetti, non è così facile sbarazzarsi di questa malattia, che resta però benigna nella maggior parte dei casi.
SIBO, che cos'è?
La proliferazione batterica intestinale, per parlare in termini semplici, è un comportamento anomalo dei batteri nel nostro intestino.
Migliaia di batteri diversi vivono infatti nel nostro tubo digerente. In alcuni casi aiutano a decomporre gli alimenti, in altri ci difendono da agenti patogeni. È solo quando questi batteri fanno il loro lavoro, nel luogo giusto, che i nostri organi stanno bene.
Ecco qui l’origine della SIBO: nel punto in cui si incontrano intestino tenue e intestino crasso esiste una minuscola porta di nome valvola ileo-ciecale, che agisce come una barriera naturale. Tuttavia, quando questa porta non si chiude nel modo giusto, o se è posta sotto pressione a causa di ripetuti gonfiori, i batteri dell’intestino crasso possono penetrare in quello tenue.
Una volta raggiunto quest’ultimo, i batteri cominciano a lavorare, ma nel luogo sbagliato. In questo caso, quelli che ci riguardano si occupano della digestione dei glucidi. Conseguenza: gonfiore, costipazione o diarrea, dolori, fatica e vertigini.
Questi dolori difficili da identificare si accavallano a quelli tipici di una sindrome da intestino irritabile, ed è per questo difficile tracciare un confine clinico preciso. Il calvario dei pazienti affetti da SIBO dura spesso a lungo, poiché la diagnosi può essere effettuata soltanto una volta che tutte le altre malattie gastro-intestinali siano state escluse.
Il rompicapo degli inviti a cena
L’ho vissuto in prima persone: dall’intolleranza al lattosio, passando per quella al glutine e all’istamina, è stata ipotizzata tutta una serie di spiegazioni e ho anche cambiato di frequente, radicalmente, la mia alimentazione.
Mangiare era diventata una prova di forza. La gioia e il piacere erano scomparsi. Un invito ad un aperitivo o a bere una tazza di tè si trasformava in un incubo. Alternativamente, nelle proibizioni imposte dalla dieta figuravano lo champagne, le torte, la pasta sfoglia o il caffè.
La terapia migliore? Non mangiare per evitare di soffrire. Chiaro però che nessuno può permettersi questa strategia sul lungo termine, per cui è stato impossibile prendere in considerazione questa strada. Conseguenza: ritorno ai gonfiori, alle eruzioni cutanee e alla nausea.
Tutto nella testa o no?
Quando si viene sballottati di medico in medico per anni e si consulta anche il parere di Dr. Google, si comincia perfino a dubitare dei sintomi e di sé stessi. «Darm-Hirn-Achse», «Bauchhirn» (l’asse cervello-intestino e il cervello intestinale) o ancora «Il fascino discreto dell’intestino»: i libri sulla relazione tra l’intestino, le emozioni e la psicologia si moltiplicano. Alla fine, è la nostra testa la responsabile di tutto ciò?
Ho adottato anche un approccio olistico: erbe medicinali cinesi, agopuntura, prodotti tachionici, nonché meditazione e yoga. Risultato: mi sono sentita meglio. Alcuni alimenti sono tornati nel mio menù e le eruzioni cutanee sono scomparse, almeno temporaneamente.
In seguito, mi è venuta un’altra idea: un test respiratorio all’H2 al fine di scongiurare un’eventuale intolleranza ai glucidi in ragione di un cattivo assorbimento. Fu questa procedura a fare luce sul mio calvario.
Nel corso di un test di questo tipo, si somministra un liquido al paziente a digiuno: nel mio caso si trattava di lattulosio. Quindi, si chiede di respirare ogni dieci minuti in un piccolo apparecchio che misura la quantità di idrogeno nell’aria espirata. I valori risultanti permettono di valutare la capacità di digerire.
Benché questo test non invasivo sia semplicissimo, la valutazione dei dati è molto complessa, così come i ragionamenti soggiacenti a questo tipo di indagine. Per farla breve, se vengono individuati valori molto elevati all’inizio della procedura (nei primi 30 o 60 minuti), è molto probabile che esista una proliferazione batterica nell’intestino.
Sulle tracce della diagnosi
Una volta stabilita la diagnosi, ci sono tre possibilità: un antibiotico chimico, un’alternativa vegetale e tutta una serie di diete estremamente rigide. Tutte le strade hanno vantaggi e svantaggi.
Per questo tipo di patologia, adattare la propria alimentazione può essere la scelta più determinante ed efficace sul lungo periodo. Si raccomanda in particolare di optare per una dieta SCD (dieta dei carboidrati specifici). Essa prevede di ridurre considerevolmente il consumo di glucidi. I monosaccaridi (fruttosio e glucosio) sono autorizzati, così come la maggior parte della frutta e della verdura, la carne, il pesce, alcuni formaggi e il miele.
Ma non c’è solo l’amido a poter causare dei problemi legati ai batteri presenti nell’intestino tenue. In effetti, altre componenti dei glucidi possono fare male: esse sono riassunte nel nome FODMAP (oligosaccaridi, disaccaridi, monosaccaridi e polioli). In caso di proliferazione batterica, queste sostanze possono provocare i sintomi. Tuttavia, gli scienziati non sono stati in grado di fugare ogni dubbio sull’efficacia della dieta FODMAP.
In ogni caso, i tassi di recidiva sono elevati. Il professor Peter Bauerfeind, medico a capo del dipartimento di gastroenterologia e di epatologia dell’ospedale Triemli, spiega che se si parte dal principio secondo il quale la SIBO è la conseguenza di una malattia gastro-intestinale o di una condizione post-operatoria, la patologia principale è difficilmente trattabile.
Inoltre, è complicato valutare il risultato quando si scoprono dei batteri nell’intestino tenue superiore di persone sane, poiché non si dispone di dati pertinenti.
La mia soluzione personale
Per quanto mi riguarda, sono stata aiutata da una dieta di otto settimane, nel corso delle quali non ho assunto glucidi, zuccheri e latticini. Per quanto riguarda frutta e verdura, ne ho consumata solo se il quantitativo di fruttosio contenuto era inferiore ad 1 grammo ogni 100 grammi di prodotto. Certo, il menù era un po’ scarno, ma gli effetti benefici sono stati immediati.
Nel mio caso, posso confermare inoltre l’esistenza di un legame tra cervello e intestino. Se sono stressata, affaticata o irritata, i sintomi si aggravano. È pertanto necessario che sappia gestire lo stress in modo proattivo nella quotidianità. Inoltre, non mangio prodotti a base di latte di mucca, evito numerosi frutti, gli affettati e i cibi pronti.
Malgrado tutto ciò, non mi sono ancora liberata del tutto dei sintomi. Oggi, adatto l’alimentazione in funzione dei dolori: nelle fasi positive, mi permetto un po’ di pasta, di uva o una salsiccia alla griglia.
Uno studio esaustivo sulla SIBO è stato pubblicato all’inizio del 2018 dal Forum Medico Svizzero. Esso contiene informazioni sui sintomi, le diagnosi e i metodi di trattamento.
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