Noi siamo la Svizzera Una vita per gli animali: l’ex domatrice Elvira Wegmann

Fabienne Rüetschi

14.5.2018

Negli anni 80 Elvira Wegmann era stata celebrata dai media come «la più giovane domatrice del mondo». Il circo Knie si era mostrato interessato alla giovane donna originaria del Canton Turgovia, e per lei si prospettava una carriera di livello mondiale, ma Elvira è rimasta fedele alla terra natia, abbandonando la pista.

Bluewin: Signora Wegmann, preferisce le persone o gli animali?

Elvia Wegmann: Questa è una domanda cattiva. Ho lavorato con gli animali fin da piccola, ma accompagno anche a scuola i bambini disabili. Direi che tengo a tutti gli esseri viventi in ugual modo.

Da piccola giocava con cuccioli di leone e tigre anziché con le bambole. A undici anni cavalcava già una tigre suonando l’organetto. Un’infanzia strana, non crede?

Da bambina non me ne rendevo conto, anzi: per me non è stato facile. Sono cresciuta con i nonni, proprietari dello zoo Plättli di Frauenfeld. A scuola i bambini di campagna e quelli di città formavano gruppi separati, e io ero quella che veniva dalla giungla, la bimba esotica. Mi chiamavano «Plättli-Aff», la scimmia del Plättli. E mentre gli altri si trovavano per giocare o per la discoteca dei bambini, io dovevo dare una mano allo zoo. Avevo spesso la sensazione che i compagni di scuola mi apprezzassero solo perché speravano in una visita gratuita al giardino zoologico. Un periodo molto duro per un’adolescente. Solo dopo ho capito quanto belli e straordinari sono stati i miei anni di ragazza. Ho vissuto cose che altri possono solo sognare: dare il biberon a un cucciolo di felino, o cantargli la ninna nanna per esempio.

A 18 anni ha presentato il suo primo spettacolo al «Circus Plättli» di Frauenfeld. E i media l’hanno proclamata la più giovane domatrice del mondo. Ne è orgogliosa?

Molto. Già a undici anni stavo in pista con mio padre. A 18 anni il nonno mi ha affidato alcune belve: leoni, puma, leopardi, una pantera e una tigre. Il nonno è stato il mio maestro, e con lui ho preparato il mio spettacolo. Dopo tre anni di apprendistato, poi, mi ha regalato gli animali. Sembra una cosa bellissima, ma è anche a dir poco brutale. Perché le belve non sono vegane, quindi ho dovuto imparare a uccidere quando ancora ero molto giovane. Soprattutto polli, a volte lepri, altrimenti i miei protetti avrebbero patito la fame.

Successivamente si è esibita anche al Tivoli-Park, con il Circo Sarassani e il Circo Krone in Germania. Sognava una carriera internazionale?

No, non ci ho mai pensato. Sebbene avessi ricevuto offerte dai grandi, come il circo Knie e il Roncalli in Germania o anche da Monte Carlo. Certo, erano prospettive allettanti e a volte mi sorprendevo a rifletterci. Ma ero molto giovane, non potevo mettere in valigia i miei animali e partire. Un circo acquista un prodotto finito, quindi a 18 anni mi sarebbe servito un camion con rimorchio per gli animali e una serie di accessori, un congelatore per la carne, una roulotte e un’automobile. Non me lo potevo permettere. E una cosa forse ancora più importante: fuori dalla pista mi sarebbe servito un compagno di strada che mi seguisse, che mi guardasse le spalle.

Le offerte per una carriera a livello mondiale c’erano. Le è rimasto qualche sogno non realizzato?

Certo. Volevo vedere Siegfried e Roy al Mirage di Las Vegas. Non ce l’ho fatta, perché mi mancava il tempo da dedicare allo svago. I miei animali hanno sempre avuto la precedenza.

Una vita da domatrice del circo suona brillante, glam. C’erano anche ombre?

Naturalmente, non c’erano solo trucco, costumi luccicanti e i riflettori. Fare il fieno, dare da mangiare agli animali, andare a prendere la carne al macello e prepararla: tutti lavori che riempivano le mie giornate. E per dessert c’erano i 10-15 minuti in pista. Non mi importava che a vedermi ci fossero 2.200 o 500 spettatori: l’ho sempre fatto per i miei animali, godendomi questo piccolo dessert fino in fondo. E poi il tutto andava finanziato: con gli animali non è mai diventato ricco nessuno.

Il Circo Knie e molti altri non propongono più numeri con animali feroci. Cosa ne pensa?

Non mi pare una buona scelta, questa cosa mi mette tristezza. Capisco bene le ragioni dei circhi, vogliono evitare i conflitti con gli animalisti. Ma proprio per questo motivo io continuerei con le esibizioni delle belve, per fare chiarezza sulla questione. Io dico che il 99 percento delle persone contrarie alle esibizioni di animali non sanno cosa c’è dietro e come vengono trattati. Vedono solo i 10 minuti sotto i riflettori e i mezzi di trasporto in sosta davanti al tendone del circo. Certo, ci sono anche le pecore nere, come dappertutto, che io non voglio affatto difendere.

Nelle ultime settimane hanno fatto scalpore alcune aggressioni mortali da parte di cani da combattimento. È capitato che anche dei grandi felini mordessero. Ha sempre avuto la sensazione di tenere tutto sotto controllo?

Controllo non è la parola corretta. Si tratta di un processo di apprendimento che coinvolge le due parti, come tra genitori e figli. È importante stabilire la gerarchia, che va rispettata. Per una belva il carro è un po' come il salotto. Nessun domatore salirebbe sul carro di una belva: quello è il loro territorio, là stanno tranquilli. La pista invece è il regno del domatore, dove vigono le sue regole. Rispetto e accettazione reciproci sono fondamentali. Con gli anni si imparano a valutare le situazioni e a reagire di conseguenza.

È mai stata attaccata da un animale?

Qualche «carezza» durante l’addestramento o mentre gli davo il biberon me la sono presa, sì, ma non si è mai trattato di ferite serie. Sicuramente ho avuto anche fortuna, e inoltre ottimi maestri. Ci sono state anche situazioni a rischio, ma sempre per ragioni ben precise. Nessuna belva attacca senza motivo: rumore, apatia, colpo della strega: sono tanti i motivi per cui una belva azzanna. Il 90 percento delle aggressioni da parte di animali a mio avviso deriva da qualche inadeguatezza umana.

Nel 1994 sono stata attaccata da un cane sconosciuto, riportando una ferita alla bocca di media gravità. Non so perché il cane mi ha morso. Forse si era spaventato a causa di uno sparo o scoppio o per colpa di un veicolo, e io mi trovavo nel posto sbagliato al momento sbagliato.

Ci sono persone che tengono belve come animali domestici. Lei cosa ne pensa?

Assurdo. Sono contenta che in Svizzera sia proibito. Finché sono piccole, le belve sono carine, ma quando un leone raggiunge l’età adulta, marca il territorio in modo diverso da un cucciolo. E allora chi viene in visita rischia grosso. Se l’animale ritiene si tratti di un intruso, vorrà proteggere la padrona. Nel peggiore dei casi si avventerà sulla persona, con conseguenze gravissime. La zampa di una belva adulta può troncare un braccio. Un morso sulla nuca uccide. Inoltre non ha senso tenere un animale da solo. Anche i cani sono animali da branco e secondo me andrebbero sempre tenuti in due.

Chi lavora per un circo conduce una vita da nomade, pianta la tenda in luoghi sempre diversi. Lei vive da anni a Frauenfeld, nel Canton Turgovia. È una persona stanziale?

Sì, lo sono. Ho sempre avuto nostalgia di casa. Ho passato tre anni nella Svizzera francese, dove ho anche diretto il ristorante dei miei genitori, nel Siky Ranch, ho lavorato allo zoo e mi sono esibita in un numero con pappagalli. Ma ovunque mi trovassi, sentivo il bisogno di avere vicino la famiglia. E anche se ho lavorato con le belve per anni, in fondo sono una persona paurosa. Non ho problemi a camminare da sola negli zoo, nel bosco o nei paesini, ma non sono il tipo che si muove la notte nelle grandi città o alla stazione.

Per diversi anni ha diretto anche il Landrefugium Sternenberg di Zurigo, una sorta di casa di riposo e di cura per gatti. Si era stancata dei gattoni da 300 chili?

No, si è trattato di un caso, come tanti altri della mia vita. Le belve raggiungono, come i gatti, tra i 12 e 20 anni di età. I miei animali poi sono morti, uno dopo l’altro, e così a un certo punto non è più stato possibile presentare lo spettacolo. Avevo preparato una piramide con cinque animali. Morti due di loro, con tre non poteva più funzionare. A 25 anni desideravo anche iniziare qualcosa di nuovo, provare qualcosa di diverso. Volevo capire se ero in grado di dedicarmi a un’altra attività, se qualcuno mi avrebbe assunta. Per una volta non ho lavorato in casa, ma fuori: altri lavori, altri capi – non più solo la mia famiglia.

Ha un animale preferito?

Ho sempre amato le mie belve. Ma il lavoro con i pappagalli è stato molto interessante. Non mi piacciono invece i ragni e la famiglia dei coleotteri, insomma tutto quello che striscia o saltella, svolazza.

Oggi gestisce un servizio di custodia per animali e si occupa principalmente di gatti e uccelli. Spesso le persone non sono in grado di gestire i loro animali. C’è qualcosa che la fa molto arrabbiare?

Quando le temperature salgono, si avvicinano ai 30 gradi e la gente esce nelle ore più calde per bere un caffè con gli amici, portando il cane con sé. I cani sul cemento bollente si bruciano le zampe. Oppure quando si lascia il cane in auto, con il grande caldo: in questi casi divento una vera belva! I cani sono animali socievoli e seguono il padrone. Oppure quando nei social vedo post sul maltrattamento degli animali o di come le persone abusano di loro. Questa cosa mi tormenta.

Belva o pappagallo: come si conquista la fiducia di un animale? Ha qualche consiglio concreto?

La voce è uno strumento importante. Vale anche per gli animali: è il tono che fa la musica. Variare tra piano e forte, toni severi e affettuosi. Serve tanta pazienza, calma e soprattutto rispetto reciproco. Se non si ha tempo da dedicargli, è meglio non tenerlo. Io porto fuori i miei due pechinesi mattina e sera per un’ora. Non amo i cani da salotto o da borsetta.

Da qualche anno è tornata al «Plättli Zoo» di Frauenfeld, ma non come membro del team. Gestisce il ristorante. Cercava il cambiamento?

Sicuramente nemmeno io ringiovanisco, e anche dal punto di vista lavorativo volevo diventare più stanziale. Sono cresciuta al circo, ma tra i 25 e 50 anni ho fatto la vagabonda, cambiando lavoro circa ogni tre anni. Ho accumulato varie esperienze come ristoratrice, custode di animali al Plättli-Zoo, tuttofare presso una ditta di trasporti o direttrice del Tierrefugium Sternenberg di Zurigo. E visto che finora tutti i lavori mi erano stati proposti – fino ad oggi non ho quasi mai inviato candidature spontanee – anche questa volta è andata così. Mia zia, che aveva diretto il ristorante finora, a 70 anni vorrebbe rallentare un po’.

Se avesse mezza giornata a disposizione quali luoghi del Canton Turgovia, dove è nata, mi farebbe visitare?

Naturalmente lo zoo Plättli (ride). Poi la porterei a visitare la Certosa di Ittingen, un antico convento dove si mangia molto bene. Poi si potrebbe costeggiare il Lago di Costanza con un’auto cabrio, dalle cascate del Reno fino a Güttingen. Avendo a disposizione un’intera giornata, salirei a piedi sul monte Stählibuck, perché offre una vista stupenda sulle altre montagne.

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